Libia, accordo per i rifugiati eritrei. L’Italia accusa: “Europa assente”

Pubblicato il 7 Luglio 2010 - 20:17 OLTRE 6 MESI FA

Accordo raggiunto sulla sorte dei rifugiati eritrei, che lasceranno il centro di detenzione e lavoreranno in Libia. L’Italia per bocca dei ministri dell’Interno, Roberto Maroni, e degli Esteri, Franco Frattini, accusa ”l’assenza totale e assoluta dell’Europa” nelle attività di mediazione.

Molti rifugiati, secondo la denuncia di alcuni di loro, sarebbero stati rispediti in Libia proprio dall’Italia, ”senza che venissero neppure controllati i documenti”. Un’accusa subito respinta da Frattini e Maroni che l’hanno giudicata ”indimostrabile”.

L’Italia, in ogni caso, ha annunciato il sottosegretario all’Interno Stefania Craxi, è comunque ”pronta ad accogliere alcuni dei rifugiati”, purché, ancora una volta, ”lo stesso facciano anche altri stati dell’Ue”.

Adesso ci sono da chiarire i termini dell’accordo, ovvero l’affidamento a diverse “shabie” (una sorta di Prefetture) per essere avviati a lavori socialmente utili, che a loro, i cittadini eritrei non piace: ”Tripoli – dicono – non riconosce lo status di rifugiato, questo significa che ci possono rimandare in patria in qualsiasi momento”.

Frattini però sostiene che la Libia  ”lo rispettera’ ” perché ”è nell’interesse di tutti” e la stessa ”rapidità delle trattative” è il segno della ”buona fede” di Tripoli.

Tutta la vicenda, a detta del ministro per i rapporti con il Parlamento Elio Vito, sarebbe nata da un equivoco: i ”tumulti” nel Centro di Misurata, ha spiegato, sarebbero stati ”dovuti verosimilmente alla distribuzione, da parte delle Autorità libiche, di formulari per selezionare personale da adibire a lavori socialmente utili; gli interessati, però, avrebbero scambiato tali formulari per documenti finalizzati al rimpatrio in Eritrea”. Ora le autorita’ libiche, ha assicurato, ”stanno completando la raccolta dei dati personali degli immigrati eritrei”.

Poi Frattini è stato molto duro con i cittadini eritrei e la loro versione dei fatti: ”Certo – ha detto – è’ molto curioso che persone che si dicono torturate e imprigionate avessero telefoni satellitari con cui parlare a mezzo mondo”. E poi, ha aggiunto, “è molto facile dire a me piacerebbe Cipro, volevamo andare a Cipro e ci hanno fermato” ma “chi lo dimostra?”.

A parlare di respingimenti dall’Italia è però anche il presidente del Comitato italiano per i rifugiati (Cir) Savino Pezzotta: alcuni tra i rifugiati eritrei, ha detto, “sono stati respinti dall’Italia nel 2009 e altri rimpatriati in Libia su richiesta italiana nel corso di quest’anno”, il 30 giugno ”avevamo segnalato al premier Berlusconi e al ministro Frattini” la situazione.