Libia, tra Burkina Faso e Niger il giallo dell’asilo a Gheddafi

TRIPOLI – Si infittiscono di nomi di Paesi nuovi le voci sulla presunta richiesta di esilio da parte dell’ex rais libico Muhammar Gheddafi. Il governo del Burkina Faso ha fatto sapere di non aver ricevuto alcuna richiesta di asilo per Gheddafi, ha detto di non aspettarlo e di non aver ricevuto alcuna informazione sul suo ingresso nel Paese.

”Gheddafi non è in Burkina faso, ha detto alla tv di Stato  il ministro della comunicazione del Burkina Faso, Alain Edouard Traore, e non siamo stati avvicinati per alcuna richiesta di asilo. Il Burkina non è stato informato dell’arrivo di Gheddafi. Non lo aspettiamo”.

Anche il Niger, paese in cui sarebbero stati avvistati camion carichi di oro e soldi del colonnello, ha negato la presenza di Gheddafi sul proprio territorio. ”Ufficialmente e in base alle informazioni di cui disponiamo, il colonnello Gheddafi non è nel territorio del Niger”, quindi quelle che vogliono il rais libico in fuga in quel Paese, sono solo ”voci”, rumours, ha detto il ministro dell’interno nigerino, Abdu Labo.

Il ministro ha però fatto anche sapere che il Niger ha concesso ospitalità a ”una dozzina” di persone vicine a Gheddafi ”per ragioni umanitarie”. Fra esse il capo delle brigate della sicurezza del rais, Mansour Daw.

Sull’eventualità che il Niger conceda asilo a Gheddafi per ”ragioni umanitarie”, il ministro dell’interno nigerino ha detto che ”se la richiesta sarò fatta, ci penseremo”.

“Gheddafi ancora in Libia”. Secondo però quanto ha detto alla France Presse Michane Al Joubouri, ex deputato sunnita iracheno e proprietario della televisione Al Rai con base a Damasco (l’unico media ancora in contatto con loro e da cui il rais e il figlio hanno diffuso nei giorni scorsi i loro messaggi audio), Muammar Gheddafi e suo figlio Saif al Islam sono ancora in Libia e ”con il morale molto alto”. ”Ho parlato con Gheddafi molto di recente – ha detto -. E’ in Libia, ha il morale molto alto, si sente forte e spera di morire combattendo contro gli occupanti”. ”Quando ho bisogno di parlargli – ha spiegato Al Jouburi – gli mando un messaggio oppure è lui a contattarmi quando vuole diffondere qualcosa”.

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