La Libia non è l’Egitto, ma se la situazione sfugge di mano si rischia la strage

TRIPOLI – Ora il colonnelo Gheddafi teme la piega che l’ondata di protesta può prendere. Non a caso, avverte Roberta Zunini sul Fatto Quotidiano, ora mostra un atteggiamento duplice: da una parte rimpasta il governo, dall’altra reprime le manifestazioni.

In ogni caso la Libia non è l’Egitto e per capire i perché della rivolta bisogna guardare più a fondo. Una fonte libica racconta al Fatto Quotidiano che le proteste stanno prendendo piede soprattutto nella città di Al Beida, la vecchia capitale dello Stato prima che Gheddafi, 40 anni fa, la portasse a Tripoli: “Ora gli abitanti – spiega la fonte -, che sono sempre stati considerati di serie b, hanno trovato il pretesto per manifestare la propria rabbia”.

Secondo la previsione di questa fonte, in Libia la situazione non precipiterà velocemente come successo in Egitto e Tunisia. Per un semplice motivo: i libici non fanno la fame: “Se però la situazione dovesse sfuggire di mano allora prepariamoci a una strage. Inoltre i libici hanno un carattere aggressivo: tutti gli uomini girano armati di coltello”.

I libici sono pochi: 6 milioni in maggioranza giovani. Quelli della Cirenaica (la regione in cui sorge la città di Al Baida) “protestano dunque non per fame ma per essere stati tenuti fuori dai giri che contano, quelli dove si fanno i grandi affari, grazie al petrolio e al gas”.

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