Libia, la minaccia di Gheddafi: “Se l’occidente ci tradisce il nostro petrolio alla Cina”

Moammar Gheddafi

ROMA – La guerra di Libia si gioca anche sul petrolio, risorsa chiave contesa a suon di bombe tra Muammar Gheddafi e i ribelli della Cirenaica, ma utilizzata anche nella diplomazia parallela del regime di Tripoli e del contropotere di Bengasi per convincere occidentali e asiatici a schierarsi.

Se si sbagliano le alleanze, è l’avvertimento neppure troppo implicito sia della Guida della Rivoluzione Verde sia del Consiglio nazionale libico di transizione, il prezzo sarà il taglio dello sfruttamento del greggio e la sua cessione alla ‘concorrenza’.

Contese, in particolare, Russia e Cina, ma anche India. Il colonnello, forte della riconquista del polo petrolifero di Ras Lanuf grazie alla controffensiva di due giorni fa, ha mandato un messaggio chiaro all’Occidente.

”Il capo della rivoluzione – scrive l’agenzia libica Jana – ha ricevuto ieri gli ambasciatori di Cina, Russia e India con i quali ha esaminato l’evoluzione delle relazioni bilaterali e l’invito alle compagnie dei tre paesi a sfruttare il petrolio libico”.

Dopo che le maggiori compagnie del mondo hanno lasciato il Paese, il ‘Leader’ è stato chiaro: ”Siamo pronti – ha detto – a far venire compagnie indiane e cinesi al posto delle compagnie occidentali”.

Ma nella presa di posizione di Gheddafi è probabilmente anche la propaganda a giocare un ruolo chiave. Ieri, 13 marzo, invece, la tv di stato libica aveva invitato gli ”stranieri” a tornare nel paese affermando che i porti petroliferi libici sono ”sicuri” e stanno riprendendo le attività dopo la fine degli ”atti di sabotaggio” compiuti dagli insorti.

E qualche giorno fa il ministro del petrolio Shukri Ghanem aveva rassicurato: la Libia ”onorerà i propri impegni” con le compagnie petrolifere straniere, compresa l’Eni, perché ”Tripoli non intende rimettere in discussione le concessioni”.

Sul fronte opposto, il capo del Consiglio Nazionale Libico ha avvertito chi è più tiepido nell’aiuto all’opposizione che verrà negato loro l’accesso al petrolio della Libia se la rivolta anti-Gheddafi dovesse prevalere. E, in questo caso, il focus è proprio su India e Cina, riluttanti ad appoggiare gli appelli dei ribelli per una no fly zone sulla Libia.

”Ogni governo nel dopo-Gheddafi – ha detto Mustafa Abdel Jalil – aggiusterà le sue politiche petrolifere ”a seconda delle posizioni prese dai vari paesi nei confronti della Libia in questi momenti difficili”.

L’ultimo carico di petrolio ad aver lasciato la Libia, risale al 19 febbraio. La produzione di greggio si sarebbe attestata sui 500 mila barili al giorno, contro circa il milione e mezzo del periodo precedente la rivolta. L’85 per cento del greggio era diretto in Europa. Ma l’impatto sull’Italia dell’interruzione delle forniture di petrolio da parte della Libia è praticamente nullo, grazie alla politica di diversificazione degli approvvigionamenti perseguita, ha ribadito a più riprese l’ad di Eni,Paolo Scaroni.

Se il Cane a sei zampe, maggior operatore energetico straniero in Libia, ha annunciato che a breve interromperà del tutto la produzione in Libia, già ridotta al minimo, sarà però in grado di ”riattivarla quando il conflitto finirà”.

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