Libia. Gheddafi aggrappato al potere mentre il popolo si solleva per cacciarlo

Manifestazione di massa in Libia

IL CAIRO, EGITTO – Due dei più duraturi e trincerati despoti del Medio Oriente, il colonnello Muammar Gheddafi e il re del Bahrain Hamad bin Isa Al Khalifa, stanno lottando per preservare il loro potere mentre dalla Libia giungono notizie secondo cui nei disordini contro Gheddafi sono morte 99 persone e nel Barahin i dimostranti hanno respinto le offerte del sovrano di avviare trattative.

Le rivolte popolari in Medio Oriente si sono estese dalla Tunisia all’Egitto, al Bahrain, alla Libia, allo Yemen e a Djibuti, confrontando gli Stati Uniti col dilemma di come mantenere la stabilità nella regione ricca di petrolio ed al contempo sostenere il diritto di dimostrare per ottenere cambiamenti democratici.

Secondo testimoni e fonti ospedaliere citati da Human Rights Watch, solo a Bengazi venerdi sera sono state uccise 35 persone, in una fiammata di violenza la più grave del quarantennale regime di Gheddafi. Le proteste contro il colonnello questa settimana, ispirate dalle rivolte in Tunisia ed Egitto, sono state represse in maniera brutale dalle forze di sicurezza, ma le restrizioni all’informazione – internet è stata interrotta – secondo la Reuters rendono difficile accertare la reale entità di quanto sta accadendo. Si sa comunque che le dimostrazioni sono state più violente nella regione attorno a Bengazi.

L’eccidio a Bengazi, 1.000 km ad est di Tripoli, è avvenuto quando le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco contro dimostranti che protestavano dopo i funerali di altri dimostranti uccisi in precedenti episodi di violenza . ”Abbiamo chiamato d’urgenza tutti i medici di Bengazi perchè venissero in ospedale e lanciato un appello a tutti per donare sangue. Non ho mai visto prima una carneficina del genere’, ha detto a Human Rights Watch un funzionario dell’ospedale. Un residente di Bengazi ha detto alla Bbc che le forze speciali sono fedelissime a Gheddafi e combattono disperatamente per riprendere il controllo della situazione, mentre la gente le combatte strada per strada.

Ma la sorte del colonnello – grande amico del premier Silvio Berlusconi – non sembra ancora segnata, almeno non per il momento. ”Non vedo come il regime possa a questo punto essere travolto perchè è difeso con le unghie e con i denti dalle forze di sicurezza che reprimono le proteste con dissennata brutalità”, dichiara Heba Morayef, un ricercatore di Human Rights Watch con contatti tra residenti in Libia. ”Non dico che non accadrà mai, ma non accadrà oggi”, precisa.

Ma i dimostranti sono decisi ad andare fino in fondo. L’attivista Badawi Altobawi ha dichiarato alla Reuters che la Libia sarà come la Tunisia e l’Egitto. ”Continueremo a dimostrare e protestare fino a quando il regime cadrà. Non si torna indietro, questa è una protesta guidata dai giovani. Sono scesi in strada come i loro fratelli in Tunisia e in Egitto. E’ un movimento di popolo spontaneo, e ogni giorno che passa siamo più organizzati”.

Da quando ha preso il potere con un golpe nel 1969, Gheddafi ha imposto la sua gestione della Libia con idiosincrasia, forte delle sue ricchezze petrolifere (il Paese è uno dei principali esportatori di greggio al mondo). Con una popolazione di solo 6,4 milioni, la Libia è tra i Paesi più ricchi della regione. Il colonnello ha indossato le vesti di sedicente profeta per la liberazione del terzo mondo e quelle di bizzarro partner dell’Europa e degli Stati Uniti, che hanno riallacciato i rapporti con la Libia nel 2006.

Le relazioni di Gheddafi con i suoi vicini arabi sono instabili. Si è scagliato contro i tunisini per aver cacciato il presidente Zine el-Abidine Ben Ali a gennaio, e alle riunioni della Lega Araba se la prende un pò con tutti inimicandosi molti, inclusa l’Arabia Saudita.

I commenti sono chiusi.

Gestione cookie