Libia, trattare o no con Gheddafi: il dubbio che spacca gli alleati

Pubblicato il 25 Marzo 2011 - 21:04 OLTRE 6 MESI FA

Muammar Gheddafi (Foto LaPresse)

ROMA – Gheddafi deve lasciare. O forse no. Non tutti i “volenterosi” sono concordi sulla necessità che il rais libico abbandoni il potere per consentire una transizione democratica.

La linea ufficiale prevede un cambio al vertice. Il Consiglio europeo, al vertice di ieri, 24 marzo, ha ribadito che Gheddafi deve lasciare ”immediatamente” il potere per consentire l’avvio di un processo di transazione democratica attraverso un dialogo allargato a tutte le parti ”tenendo in considerazione la necessità di assicurare la sovranità e l’integrità territoriale” della Libia.

Francia e Gran Bretagna scelgono però la linea più dura, con Nicolas Sarkozy che avrebbe voluto continuare a guidare l’intervento come ha fatto sabato 19 marzo, sferrando l’attacco prima degli stessi Stati Uniti, e con David Cameron che lancia l’appello ai libici perché abbandonino il colonnello, altri sono più prudenti.

A Bruxelles Nicolas Sarkozy ha annunciato ”un’iniziativa politica e diplomatica” comune con David Cameron che Francia e Gran Bretagna – auspicabilmente insieme alla Germania – presenteranno al vertice dei ministri degli Esteri della coalizione in programma martedì 29 marzo a Londra.

A portare avanti la linea morbida sono Turchia e Russia. Ma soprattutto Italia. Il presidente del Consiglio Berlusconi si è detto ”soddisfatto” del passaggio del comando dell’intervento alla Nato, consapevole che in questo modo l’attivismo francese può essere imbrigliato nei meccanismi decisionali dell’Alleanza.

Dopo l’annuncio di Sarkozy Berlusconi, che non ha mai celato il proprio “dispiacere” per “l’amico” Gheddafi, ha fatto sapere, per interposta persona, che  ”Qualsiasi soluzione politica d’altra parte dovrà necessariamente passare per il consenso dei Paesi Ue, della coalizione e dunque anche dell’Italia”.

Berlusconi, insomma, non vuole restare indietro. Ma soprattutto non vuole che la linea dell’Eliseo rischia di sovrapporsi ai tentativi italiani. Il premier su questo è stato molto chiaro: serve arrivare quanto prima ad un cessate il fuoco, e solo dopo sarà possibile tentare una mediazione, che conduca all’addio del Colonnello, magari attraverso l’esilio.

Non con un’azione unilaterale dell’Italia nei confronti di Gheddafi – che, almeno al momento, Berlusconi ritiene impossibile – bensì con un’iniziativa multilaterale, da affidare eventualmente alle Nazioni Unite e soprattutto all’Unione Africana.