Libia, la Clinton chiede aiuto a Roma, ma l’Italia dimentica i “rapporti privilegiati” e si allinea all’Ue

Franco Frattini

ROMA – Una politica di relazioni personali inconsistente: è quella intessuta per decenni tra Roma e Tripoli, a partire da Giulio Andreotti. Come sottolinea l’articolo di Andrea Romano sul Sole-24 Ore, “l’Italia ha accumulato sulla Libia un capitale d’influenza incomparabile rispetto a quello di altri paesi europei: un capitale la cui inconsistenza si sta rivelando proprio in queste ore e che rischia di esporre la nostra diplomazia a una delle più imbarazzanti performance della sua storia recente”.

Lo stesso rapporto “privilegiato” che avrebbe portato il segretario di Stato americano Hillary Clinton a chiedere a Roma di mettere in gioco la propria amicizia con Gheddafi per cercare di placarlo. Anche in nome dei grandi onori con cui il Colonnello venne ricevuto da Berlusconi nell’agosto dell’anno scorso, tra tende a Villa Borghese e baciamano.

”Non è un segreto che avevo raccolto dagli Stati Uniti e dalla signora Clinton nelle mie frequenti conversazioni degli scorsi giorni la necessità e l’utilità del tentativo di appello diretto del premier italiano, accanto a quello del segretario generale dell’Onu”, ha detto questa mattina il ministro degli Esteri Franco Frattini intervenendo alla Camera.

”L’appello del premier è un appello come unico leader dell’Ue e della comunità internazionale, insieme a Ban Ki-moon che ha detto le stesse cose ottenendo con la stessa risposta”, ha sottolineato Frattini. Il presidente del Consiglio gli ”ha chiesto la sospensione immediata delle violenze, ma la risposta è stata la ripetizione dell’analisi che poi era già stata pubblicamente enunciata in televisione” dallo stesso Gheddafi, e cioè del ”presunto tentativo di potenze straniere – tra cui è stata citata anche l’Italia – di intervenire nelle vicende della Libia. Niente di più falso”, ha ribadito il titolare della Farnesina. Ma quell’amicizia tanto dichiarata in passato non ha avuto gli effetti sperati.

Ma la scommessa sui rapporti con il regime libico ha origini più antiche degli onori resi da Silvio Berlusconi.”Dal 1989 in avanti l’Italia ha infatti scelto di coltivare alcuni appezzamenti internazionali in termini prevalentemente bilaterali, facendo affidamento più sulla forza delle relazioni dirette e personali tra capi di Stato che non sulla leva che il nostro paese poteva acquisire giocando bene e fino in fondo la sua parte all’interno delle istituzioni sovranazionali di cui era parte. È accaduto nei Balcani tanto quanto nel Mediterraneo meridionale, dove leader e ministri di centro-destra e di centro-sinistra hanno provato a rinverdire quella che nella storia della nostra diplomazia è stata la cosiddetta tradizione dell’andreottismo. Ovvero la convinzione italiana di poter giocare di sponda tra alleanze contrapposte, parlando con gli avversari della propria parte più facilmente di quanto non avrebbero potuto fare nazioni più ingombranti e meno disinibite della nostra”.

Ma se un rapporto internazionale basato sulle relazioni personali poteva andare bene durante la Guerra Fredda, oggi quel discorso non vale più: ogni nazione, adesso, conta il proprio valore nelle istituzioni che contano, cioè per il rigore con cui persegue i propri obiettivi ma anche per lo spazio che conquista nel gioco delle alleanze sullo scacchiere internazionale.

Ed è proprio dalla consapevolezza, forse a sorpresa, forse no, della propria impotenza che il governo italiano, con le ultime dichiarazioni del ministro degli esteri Franco Frattini, ha finito con l’allinearsi alle posizioni europee. Dimenticando rapporti privilegiati e sbandierate amicizie.

I commenti sono chiusi.

Gestione cookie