Libia, i militari di Gheddafi avanzano: “In marcia verso Bengasi”

Muammar Gheddafi

TRIPOLI – In cinque giorni, le forze armate fedeli a Muammar Gheddafi hanno ripreso Zawiya a ovest di Tripoli, riconquistato i pozzi petroliferi, accerchiato Misurata, e ora marciano verso Bengasi, tra notizie di offensive e controffensive. La Tv di stato libica ha annunciato che Brega, centro petrolifero a meta’ strada tra Sirte e Bengasi, ”è stata ripulita dalle bande armate” ma in serata l’emittente panaraba Al Jazeera, citando un comandante militare, ha reso noto che la città era tornata sotto il controllo delle forze ribelli e che aspri combattimenti erano in corso. Notizie ancora impossibili da verificare, come la stessa Al jazira ha ammesso.

A Tobruk, a est di Bengasi, secondo i militari in quattro quartieri periferici è stata issata la bandiera verde. Tanto che il governo invita le compagnie petrolifere a tornare a caricare il greggio e i lavoratori degli impianti a tornare al lavoro, e si dice favorevole all’ingresso nel Paese di un comitato dell’Unione Africana che aiuti la soluzione della crisi che per un mese ha attanagliato il Paese.

A Misurata, oramai stretta nell’assedio, i militari trattano la resa con i ”terroristi al soldo degli stranieri”, mentre più a est le truppe avanzano, prossimo obiettivo Ajdabiya, che dista circa 250 chilometri da Bengasi, prossimo obiettivo, sostengono, dopo la caduta di Ras Lanuf e di Brega, ammesso che la citta’ sia ancora sotto il loro controllo. Meta finale Bengasi, dunque, dove la popolazione ”è ostaggio di pochi terroristi che minacciano una mattanza”, dicono i militari, per i quali questi ”gruppuscoli” non rappresentano un problema tattico.

E se a Tobruk, ultima grande città prima del confine egiziano, la situazione rischia di infiammarsi dopo l’annunciata sollevazione delle forze fedeli al governo, che hanno issato i vessilli in alcuni quartieri, a Tripoli si è tornati alla normalità, con il traffico compulsivo tipico di una qualsiasi metropoli araba, con tutti i negozi aperti, la gente in strada e un presenza assai discreta di forze dell’ordine.

Sul fronte diplomatico, il governo di Gheddafi incassa il sostegno di alcuni Paesi vicini, e bolla come ”inaccettabile” la risoluzione approvata a maggioranza dalla Lega Araba, che ha invitato il Consiglio di sicurezza Onu a imporre una ‘no-fly zone’ sulla Libia. La Lega, invitata da Saif Al Islam, il figlio del leader, ad ”andare all’Inferno”, ha sospeso Tripoli e affermato, sulla scia di quanto già fatto dalle monarchie del Golfo, che il governo libico ha perso ogni legittimità. La no-fly zone sarà al centro della missione di Hillary Clinton, che martedì arriverà al Cairo.

Il segretario di Stato statunitense incontrerà i vertici militari egiziani ma anche esponenti dell’opposizione libica, arrivati nella capitale egiziana gia’ ieri per prendere parte alla riunione straordinaria della Lega Araba. A rendere più incandescente la situazione ci ha pensato oggi anche Al Qaida, che per bocca di uno dei suoi leader ha esortato gli insorti in Libia a proseguire ”la lotta”.

E’ la prima posizione ufficialmente espressa dal network del terrore di Osama bin Laden dall’inizio, il 15 febbraio scorso, dei disordini. Una dichiarazione questa che finisce con il confermare le accuse lanciate dal governo: i rivoltosi sono terroristi, non hanno mai avanzato richieste politiche, si sono armati e hanno compiuto stragi perché vogliono destabilizzare il Paese e consegnarlo agli occidentali, ivi compresi quelli che Gheddafi non manca mai di ricordare, gli ex padroni italiani di cui un tempo i libici erano ”schiavi”.

”Non stiamo utilizzando le armi sofisticate di cui disponiamo”, ha detto il portavoce dell’esercito, Milad Hussein Al Ghilani, ”e non le useremmo mai contro la nostra gente”. Ai giornalisti sono stati consegnati i video raccapriccianti di esecuzioni sommarie, decapitazioni, brandelli di carne umana mostrati come trofei. ”Vi porteremo a vedere altre citta’, altre barbarie”, promettono i militari.

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