Libia, il Consiglio di Transizione a Berlusconi “Scelga: o noi o Gheddafi”

Pubblicato il 24 Marzo 2011 - 17:50 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – “I contratti già firmati saranno rispettati. Poi, sapremo ricordarci di chi ci ha aiutato di più. Rispettiamo le decisioni del governo di Roma, ma avremmo preferito che fosse l’Italia, il nostro Paese fratello, a prendere l’iniziativa nel sostenerci”: Ali Zeidan e Mansour Saif El Nasser, emissari per l’Europa del Consiglio nazionale di transizione in Libia, a Parigi hanno presentato l’élite che guiderà il paese del dopo Gheddafi.

Ringraziano la Francia e gli altri paesi della colazione, sottolinea Stefano Montefiori sul Corriere della Sera.

“Il Consiglio di transizione è composto da 31 persone ma solo 8 hanno reso pubblici i loro nomi perché gli altri 23 vivono in zone ancora occupate dalle truppe di Gheddafi. Lavorano per noi un migliaio di laureati, ingegneri, medici, avvocati, docenti universitari, che in molti casi hanno studiato all’estero: un’élite che ha i mezzi per fondare un nuovo Stato. Siamo espressione di tutte le fasce della società e di tutte le tribù, la cui importanza non è così grande come credete, dice Ali Zeidan, che vive tra Bengasi, la Germania e il Cairo. Tra noi ci sono anche dei Gheddafi, per esempio. Un suo cugino generale, mandato a sparare sulla folla, si è rifiutato di commettere quel crimine ed è passato dalla nostra parte, prima di cadere in combattimento. Gli abbiamo tributato tutti gli onori”.

Respingono le accuse di legami con Al Qaeda: “Vogliamo costruire una Libia democratica e laica, con Tripoli come unica capitale possibile, una divisione del Paese è fuori questione. Ci riusciremo perché i libici sono musulmani, non fanatici”, dice Mansour Saif El Nasser, esiliato a lungo negli Stati Uniti.

I due rappresentanti del Consiglio di transizione si dicono certi che Gheddafi potrà resistere non più di “una settimana o 10 giorni” ai raid aerei della coalizione. E se Gheddafi verrà sconfitto “lo vogliamo vivo, e sottoposto a un processo regolare” .

Riguardo alle voci di vendette sui presunti mercenari africani, “fermeremo queste violenze. Dobbiamo distinguere tra i mercenari, che saranno trattati come prigionieri di guerra, e gli altri, venuti in Libia per lavorare, che vanno difesi e rispettati”.

Sui rapporti tra la Libia del dopo Gheddafi e l’Italia, i due emissari fanno sapere che ” torneranno all’era pre-Gheddafi, quando il 24 dicembre festeggiavamo l’indipendenza insieme con i tanti cittadini italiani che celebravano il Natale. La cacciata degli italiani è stata una vergogna che ha impoverito la Libia, le colpe dei fascisti non dovevano ricadere sulla gente comune. Gheddafi ha dato al mondo solo odio, terrorismo e immigrazione, tutti sanno che era la sua famiglia a organizzare il racket dei clandestini raccogliendo disperati in tutta l’Africa. Ha sempre usato l’immigrazione come un’arma contro l’Europa, quindi Roma non ha niente da temere da noi, anzi. Chiediamo aiuto per costruire un Paese moderno, e civile. Esporteremo pace e petrolio”.

Sul Trattato tra Italia e Libia firmato nel 2008 “Potremmo osservarlo anche nel dopo-Gheddafi. In ogni caso, il governo italiano deve capire che tutti i prossimi contratti saranno stipulati nell’interesse del popolo libico, su basi di parità, dice Ali Zeidan. In 42 anni di regime del Colonnello, le nostre ricchezze sono state depredate e mai redistribuite ai cittadini. Le risorse energetiche hanno arricchito solo la casta al potere e chi ha fatto affari con loro. Questo finirà. Nel frattempo, al premier Silvio Berlusconi ricordiamo che non ci può essere compromesso, bisogna scegliere: o noi o Gheddafi. E noi siamo sicuri di vincere”.

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