Luiz Inacio Lula da Silva ce l’ha fatta. L’ex sindacalista ha battuto per un soffio il suo avversario Jair Bolsonaro e sarà presidente del Brasile per la terza volta. Ed ora lo sconfitto contesta il margine risicato chiedendo il riconteggio delle schede. Oppure potrebbe infuocare le piazze in attesa che Lula si insedi nel prossimo gennaio.
Brasile: Lula vince per la terza volta con il 50,83%, Bolsonaro al 49,17%
Il Paese esce dalle urne spaccato ed esausto dopo una campagna elettorale molto polarizzata. Fino alla fine è stata una sfida all’ultimo voto, funestata dal caos nel trasporto pubblico, con molti elettori che in varie città del Paese non hanno avuto accesso gratuito ai mezzi.
E’ stato un ballottaggio al veleno. Il Tribunale superiore elettorale ha però ufficializzato la vittoria. Col 98, 86% del totale delle sezioni scrutinate, Lula ha totalizzato il 50,83% dei voti (59.596.247), contro il 49,17% del presidente di destra, Jair Bolsonaro (57.675.427).
“E’ una vittoria della democrazia”, ha detto il leader di sinistra. Che ha salutato quanti hanno accolto il risultato con fuochi artificiali, grida di gioia, lacrime e caroselli in auto. Nei due mesi spesi a convincere i brasiliani, l’ex operaio diventato presidente non ha perso occasione per chiedere di far prevalere un modello progressista per il Paese. Lula vuole riportare il Brasile nell’orbita delle relazioni internazionali (“ora è più isolato di Cuba“). Vuole riaccendere l’attenzione sugli indigenti (“33 milioni soffrono la fame”) per arrestare lo sterminio degli indigeni e lo smantellamento delle foreste dell’Amazzonia.
Una rivincita per Lula dopo dodici anni di assenza. Venne travolto dall’inchiesta Lava Jato, la mani pulite brasiliana, e finì 18 mesi in carcere. E’ invece un record negativo per Bolsonaro. Si tratta infatti dell’unico presidente che non ha ricevuto la riconferma alla seconda candidatura.
Cosa accadrà ora: Bolsonaro chiederà il riconteggio?
Dal primo gennaio (data di inizio del nuovo mandato) starà a Lula pacificare il Paese, dove il bolsonarismo ha ormai raggiunto i gangli della società. I due mesi di transizione da qui ad allora non si annunciano facili. Visto il margine ristretto, il rischio e il timore di molti è che il presidente uscente possa contestare il risultato elettorale, o comunque gettare benzina sul fuoco. D’altra parte non sarebbe la prima volta che nel gigante sudamericano i risultati elettorali vengono messi in discussione. Accadde anche a Dilma Roussef, compagna dipartito di Lula, nell’ottobre 2014, quando il suo avversario, il conservatore Aecio Neves (Psdb) contestò la sua vittoria al secondo turno, allungando il sospetto di frodi e manipolazioni.
L’ex capitano dell’Esercito nei due mesi di campagna elettorale si è scagliato senza tregua contro il Tribunale superiore elettorale e la sua guida, il giudice Alexandre de Moraes, mettendo in dubbio la trasparenza e la legittimità dell’organismo democratico. Ma non finisce qui. Nel periodo di transizione il presidente uscente potrebbe varare misure provvisorie ad effetto immediato (con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale), per allentare ad esempio la liberalizzazione della vendita delle armi, accrescendo così il rischio di violenza politica.
Bolsonaro non ha insomma riconosciuto la vittoria dell’ex presidente Lula. Persone vicine al candidato sconfitto hanno ammesso però ai media che “non c’è il clima per contestare il successo di Lula”.
Il quotidiano Folha de Sao Paulo ha scritto che allo sconfitto conviene aspettare: “Il presidente Bolsonaro esce rafforzato e può essere già automaticamente considerato un precandidato a succedere a Lula nel 2026, visto il consolidarsi del bolsonarismo in tutto il Paese”.
“La vittoria dell’Amazzonia depredata”
La vittoria di Lula è stata considerata dal New York Times e da vari osservatori politici di aria progressista, una vittoria per l’Amazzonia depredata, per i popoli indigeni umiliati, per le fasce più povere, e per tutti quelli che nei quattro anni del governo Bolsonaro non si sono mai identificati col suo progetto basato su Dio, patria e famiglia.
E subito si sono congratulati i leader dell’America Latina, dal colombiano Gustavo Petro all’argentino Alberto Fernandez così come hanno salutato con gioia il ritorno di Lula il francese Emmanuel Macron e lo spagnolo Pedro Sanchez. “Lavoreremo insieme per continuare al cooperazione fra i nostri due paesi nei mesi e negli anni a venire”, ha affermato il presidente Usa Joe Biden.