La ‘macchina del fango’ made in Usa: dove il dossieraggio è la prassi

Pubblicato il 27 Settembre 2010 - 15:35 OLTRE 6 MESI FA

La miglior difesa è l’attacco. Una legge, questa, che sembra valere in particolar modo per i Democratici americani che, per le elezioni di medio termine, hanno impostato una campagna elettorale particolarmente aggressiva basata essenzialmente sulla demolizione sistematica dell’avversario.

Il partito di Barack Obama punta così a limitare l’effetto negativo della popolarità del presidente, scesa ai minimi storici per via soprattutto della crisi e di un Paese che fatica a dare segnali di ripresa solida.  L’obiettivo, per i democratici, è salvare la maggioranza al congresso; obiettivo cui viene sacrificato anche quel minimo di etichetta “residua” in un Paese in cui il confronto politico si gioca da sempre su di una comparazione aspra.

Solo per fare qualche esempio, in Ohio (stato da sempre in bilico e decisivo per le elezioni) la democratica Betty Sutton definisce il suo rivale repubblicano Tom Ganley “un rivenditore disonesto di auto usate” e indugia, nei suoi comizi, sulle 400 citazioni in giudizio per frode subite dal repubblicano.

A New York, il deputato Michael Arcuri descrive il suo sfidante repubblicano, Richard Hanna come uno che si è arricchito speculando sulla salute dei suoi dipendenti. Hanna è un impresario edile che è stato denunciato tre volte per lesioni causate da difetti di costruzione ed è stato citato 12 volte per violazioni delle norme sulla salute e sulla sicurezza”.

Situazione analoga in Arizona dove il repubblicano, un agente immobiliare, è accusato di essere “un rapace predatore” che si è arricchito grazie alle disgrazie altrui.

La “politica degli stracci”, quindi, non conosce confini. In Italia abbiamo la querelle tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini con le accuse di dossieraggio e “assassinio mediatico” lanciate dallo staff del presidente della Camera. Dagli Usa scopriamo che la prassi non è solo nostra; non solo: scopriamo che funziona. Spiega infatti il New York Times che non è neppure un problema di veridicità e accuratezza nelle accuse. Il “character assassination”, sondaggi alla mano, è efficace in termini di consenso e punisce soprattutto quei candidati che non hanno un legame forte coi loro potenziali elettori.

Per i repubblicani, poi, c’è un’ulteriore complicazione: molti dei candidati, alla prima esperienza politica, hanno un passato nel mondo degli affari che significa, per chi vuole colpirli, una ricca traccia di operazioni e documenti. A voler cercare, qualcosa si trova quasi sempre.

La vera differenza tra Italia e Usa sembra stare nella “normalità” del dossieraggio. Il New York Times scrive che per un anno intero un gruppo di democratici ha scandagliato vita e opere dei loro avversari per cercare il marcio. In passato lo hanno fatto, e molto, anche i repubblicani: la stagista Monica Lewinski è solo la punta di un iceberg. Tutto alla luce del sole, o quasi.