“Making Israel”/ Benny Morris racconta tutti gli abusi dell’esercito israeliano taciuti dalla storiografia

Benny Morris raccoglie in “Making Israel” il meglio della Nuova storiografia ebraica. È Morris, infatti, ad aver coniato l’espressione che racchiude il movimento di tutti quei ricercatori israeliani che, dagli anni ottanta, hanno provato a reinterpretare in modo oggettivo gli ultimi decenni di vita dello Stato nato nel 1948.

Nella raccolta di saggi pubblicata presso l’università del Michigan, Morris affianca ai suoi più famosi scritti quelli degli altri storici che decisero di accantonare la ricostruzione della storia di Israele tramite le testimonianze dirette dei protagonisti e preferirono affidarsi ai documenti ufficiali.

L’idea di uno Stato ebraico caratterizzato da un passato comunque glorioso e pieno di vittorie militari e politiche è stato sempre il difetto principale, a detta di Morris, che contraddistingueva la storiografia tradizionale.

A costo di essere accusato di antisionismo e di favoreggiamento dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina, lo storico ha sempre tentato di distruggere il mito di Davide contro Golia, a proposito dei conflitti tra Israele e gli Stati arabi. Non sarebbe vero che Gerusalemme compì un’impresa nell’affermare il diritto ad esistere della nazione ebraica, proprio perché i mezzi economici e politici a disposizione erano di gran lunga superiori a quelli posseduti dal nemico.

Dai saggi raccolti in “Making Israel” emerge un esercito israeliano che, durante le guerre più sanguinose della sua storia, perse il controllo tanto quanto gli arabi. Omicidi di civili innocenti, stupri di gruppo, danneggiamenti e saccheggi: tutte azioni commesse dai soldati israeliani e spesso taciute dalla storiografia classica che invece tendeva ad esaltare le testimonianze dirette di chi aveva combattuto.

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