Maroni padano contro Napolitano: “Restiamo in Libia”, “Pontida ha detto no”

ROMA-Ci ha messo 34 minuti il ministro degli Interni a far sapere che quello che dice il presidente della Repubblica da un orecchio gli entra e dall’altro gli esce. Tempo del “passaggio” appunto 34 minuti, quelli intercorsi tra Giorgio Napolitano che dichiarava: “E’ nostro impegno, sancito dal Parlamento, restare schierati in Libia” e Roberto Maroni che ribadiva altra e superiore “fedeltà”, quella “a Pontida”: “Ribadisco la richiesta di Pontida che vuole dal presidente del Consiglio la data del termine del nostro impegno in Libia”. Atteggiamento quello di Maroni coerente con quanto lo stesso aveva gridato proprio a Pontida: “Noi abbiamo un sogno, la Padania libera e indipedente”. Tanto libera e indipendente che Maroni si sente con tutta evidenza nel cuore e nelle parole, e ora anche nei fatti, più ministro della “Padania” che della Repubblica italiana.

Padania che secondo la Lega ha diritto ai “Ministeri”. In Parlamento sta scoppiando una inestricabile e imbarazzante rissa sui Ministeri. Il Pd ha presentato documento parlamentare per ribadire che devono restare a Roma come da Costituzione. La mossa serve soprattutto per scoprire il fianco al Pdl. E il Pdl infatti si scompagina: Alemanno raccoglie firme insieme alla Polverini contro lo spostamento al Nord, Calderoli raccoglie firme per la secessione dei Ministeri, La Russa dice che Polverini e Alemanno, suoi colleghi di partito, si sono “bagnati prima che piova”. Quella dei Ministeri è una prova di forza “secessionista” da parte della Lega e il Pdl sta in mezzo a concreto rischio di lacerarsi. A far sapere, anzi a ricordare che i Ministeri hanno sede a Roma e non altrove secondo legislazione della Repubblica era stato Giorgio Napolitano. Ma ora Umberto Bossi improvvisamente ricorda: “Napolitano mi disse che ci avrebbe aiutato contro il centralismo romano”. Ricordo improbabile ma pescato non a caso: sui Ministeri la Lega cerca la rissa più che il martirio.

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