Meloni al vertice Onu sul clima, faccia a faccia col dittatore al-Sisi: i casi Regeni e Zaki ad una svolta?

Meloni in Egitto. Prima domenica internazionale. Serata a Sharm  el-Sheik per il Cop27 sul  clima. Una due giorni con capi di Stato e di governo.

Un momento importante in una fase delicata. Anche perché questo 27esimo vertice ONU non nasce sotto i migliori auspici.  Ci sono tensioni alimentate da due fattori urgenti ed enormi.

1. Le polemiche sui diritti umani del Paese ospitante.

2. I timori per la recessione globale, il caro energia, la crisi alimentare, il rilancio delle energie fossili quali conseguenze dirette del conflitto tra Russia e Ucraina.

CASI REGENI E ZAKI

È probabile che la Meloni abbia messo in agenda, nel faccia a faccia col presidente egiziano, il caso Giulio Regeni, lo studente triestino torturato e  ammazzato al Cairo a fine gennaio 2016 dagli agenti dei servizi segreti egiziani.  Nessuna conferma però dal Viminale. Riserbo strettissimo.

Il regime di  al-Sisi – presidente, militare, dittatore – è chiaramente coinvolto . Lo confermerebbero i numerosi depistaggi effettuati in questi anni. Il Feldmaresciallo, transitato in Politica nel 2014 dopo il Colpo di Stato militare che ha rovesciato il presidente Morsi (leader del partito dei Fratelli Musulmani)  ha cambiato spartito?

C’è poi il caso di Patrick Zaki, il giovane attivista egiziano (studente della Università di Bologna) arrestato nel febbraio 2019 al suo rientro in patria. Il 29 novembre prossimo ci sarà il processo. Zaki è in galera da tre anni ed è prigioniero di una magistratura arbitraria.

SUMMIT DESTINATO AD UN FLOP

Inutile illudersi. Tira aria di promesse vuote. Aria di flop. Di più: c’è addirittura la (quasi) certezza di risultati insufficienti. Solo 24 Paesi hanno rispettato il “Patto di Glasgow “ (novembre 2021, accordi sul clima firmato da 197 Paesi con l’impegno di arrivare a emissioni zero).

Un fiasco. Anzi la sensazione è che qualcuno torni indietro, cioè alle centrali a carbone che, in verità, molti Paesi stavano iniziando a dismettere. Nel frattempo i dati sul cambiamento climatico continuano a peggiorare.

IL DIETROFRONT DI GIORGIA MELONI SULLE TRIVELLE

Evidentemente si è convertita. La premier sostenne nel 2016 il referendum contro le estrazioni volute da Renzi. Ora che è al governo è cambiato l’atteggiamento anche nei confronti della Ue. Ma questo in Politica succede spesso. L’emergenza aiuta. Dunque  conviene sfruttare il più possibile i giacimenti dell’Adriatico.

Non solo: Giorgia sembra decisa ad agevolare il lavoro di Eni in Africa e Libia. Impegno però non  privo di ostacoli. Staremo a vedere quale Meloni ci restituirà l’Egitto. Le industrie del Nord sono in pressing.  Vietato indugiare.

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