Messico: controversa nomina di Chavez Chavez a procuratore generale. A Ciudad Juarez ricordano: coprì stupri e “feminicidi”

arturo chavez chavez
Arturo Chavez Chavez

Bambine, donne adulte e ragazze: a Ciudad Juarez l’età non conta. L’importante è avere un bel viso, lunghi capelli castani e andarsi a cercare situazioni «poco raccomandabili». Se una ragazza torna a casa sola da una fabbrica poco fuori città dopo una giornata di lavoro pagata 5 dollari, può scoprire, per esempio, che l’autista dell’autobus non sta andando a fare benzina in mezzo al deserto, come aveva detto. Ciudad Juarez è un posto dove un omicidio, o, come ormai viene definito il fenomeno, un “feminicidio” non rappresenta qualcosa su cui indagare.

Per questo, poche ore dopo la nomina di Arturo Chavez Chavez a nuovo procuratore generale della Repubblica da parte del Presidente del Mexico Felipe Calderon, le organizzazioni in difesa delle donne e dei diritti umani in generale si sono chieste come mai sia stata affidata una carica così importante a un uomo dal passato poco chiaro. Chavez Chavez non viene messo in dubbio per le sue capacità di uomo politico e di avvocato, ma per il suo passato come magistrato. 

Negli anni ’90 (in particolare tra il 1996 e il 1998) Chavez Chavez era procuratore generale di giustizia di Chihuahua (stato del Messico nord-orientale, la cui città più popolosa è, appunto, Ciudad Juarez), e da quella carica maltrattò – secondo le testimonianze – i familiari delle vittime del feminicidio, denigrò le donne uccise e ostacolò le indagini. Dimostrando poco impegno civile ma ottima disposizione all’ossequio verso i potenti, Chavez Chavez si adeguò al volere del governatore dello stato, Francisco Javier Barrio Terrazas. Il governatore, visto il crescente interesse della stampa internazionale per le centinaia di donne massacrate in uno degli stati chiave per il narcotraffico, rifiutò di aprire un inchiesta. E anzi dichiarò di non essere sorpreso delle violenze sulle donne perché le vittime “stavano camminando in luoghi bui ed erano vestite in modo provocante”. Chavez Chavez, che come procuratore generale avrebbe avuto il potere di avviare un’indagine, decise di non contraddire il governatore.

La Commissione nazionale dei diritti umani (Cndh), quella interamericana dei diritti umani così come Human Rights Watch e Amnesty International sono d’accordo nel dire che Arturo Chavez Chavez ha commesso gravi irregolarità durante le indagini, ha ritardato la ricerca delle donne di cui era stata denunciata la scomparsa e non ha fatto eseguire alcuni ordini di cattura contro presunti responsabili dei delitti. Il suo nome compare nella Raccomandazione 44/98, emessa dalla Cndh in seguito a un’inchiesta svolta nel 1998 sulla morte di 81 donne proprio a Ciudad Jaurez, in cui si affermava che numerosi gradi governativi si erano resi colpevoli di negligenza. Al termine si rimproverava anche alle autorità di considerare le morti come degli avvenimenti isolati, richiedendo che venissero condotte inchieste anche contro l’ufficio del procuratore dello stato di Chihuahua.

Poiché la nomina a Procuratore generale deve comunque essere approvata dalla commissione di Giustizia del senato, molte associazioni hanno firmato una lettera in cui chiedono di analizzare bene “gli antecedenti” di Chavez Chavez, sospettato anche di avere avuto legami con i narcotrafficanti del Cartello del Golfo (uno dei più potenti in Messico). Da parte sua Chavez Chavez ha affermato, durante una riunione del Senato, che come procuratore condannò i responsabili dei delitti e, per questo motivo, rifiuta di essere accusato di negligenza dalle organizzazioni e da altri senatori.

Un gruppo di donne, le cui figlie sono state stuprate, mutilate e uccise, hanno però protestato davanti all’ufficio del procuratore generale di Ciudad Juarez appena saputo della sua nomina. Secondo uno studio delle Nazioni Unite, dal 1993 – data in cui fu ritrovata la prima vittima – sono state violentate e uccise 382 donne, mentre quelle scomparse sarebbero quasi un migliaio. In almeno 142 casi, gli omicidi sono quasi certamente opera di assassini seriali. E queste sono cifre del 2006. Ma è difficile avere dei dati certi, perché chiunque prova ad avvicinarsi viene ostacolato nelle ricerche. Alcune organizzazioni affermano però che il numero delle vittime sarebbe molto più alto: quasi 5.000. Lavoratrici, nella maggior parte dei casi, delle maquiladoras: fabbriche a capitale straniero, soprattutto statunitense, che producono merce a basso costo per il mercato estero. Ragazze, spesso originarie di altri stati, che cercano di essere indipendenti e mandare dei soldi alla famiglia. E per raggiungere il posto di lavoro rischiano, o al mattino mentre cercano di raggiungere la fabbrica o quando rientrano a casa a notte inoltrata, ogni tipo di aggressione. Se vengono ritrovate, di solito dopo essere state buttate in mezzo al deserto, presentano segni di violenza molto simili: strangolamento dopo la violenza sessuale, morsi ai seni, crani fracassati, pugnalate, percosse. Spesso le torture hanno reso il viso irriconoscibile.

Sulla home page dell’organizzazione Nuestras Hijas de Regreso a Casa, fondata nel 2001 dalla mamma e dalla maestra di Lilia Alejandra Andrade, trovata morta a un centinaio di metri dalla maquiladora dove lavorava, si legge la stessa scritta di ieri, e probabilmente di domani. Cambia solo la data: «Oggi è l’11 settembre 2009 e ancora non è cambiato nulla».

Martedì 8 settembre, giorno della nomina di Chavez Chavez a procuratore generale e dell’annuncio di un piano per riassestare le finanze del paese, il Presidente Felipe Calderon ha dichiarato che «i cittadini messicani non sono soddisfatti e percepiscono una distanza enorme tra i loro interessi e quelli di chi governa. La politica per i cittadini è sinonimo di conflitto e paralisi. Dobbiamo cambiare il Messico».

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