Colpo di stato dell’esercito in Myanmar: il generale Min Auhn Hlaing, capo delle forze armate dell’ex Birmania, ha fatto arrestare il capo del governo e leader della Lega nazionale per la democrazia (LND) Aung San Suu Kyi. Min Auhn Hlaing ha avocato a sé tutti i poteri.
La decisione è stata annunciata dall’esercito, che ha decretato lo stato di emergenza per un anno e ha affidato la presidenza ad interim al generale Myint Swe, che era uno dei due vicepresidenti in carica.
Aung San Suu Kyi è ora è detenuta a Naypyidaw, la capitale del Paese. L’ex capo di governo ha chiesto al popolo birmano di “non accettare il colpo di stato”: “Esorto la popolazione a non accettarlo, a rispondere e a protestare con tutto il cuore contro il colpo di Stato dei militari”, ha fatto sapere in una dichiarazione diffusa dal suo partito e rilanciata dalla Bbc.
Anche altri funzionari del suo partito sono stati arrestati. Il tutto poche ore prima della riunione inaugurale del Parlamento recentemente insediato.
La rete internet è saltata nel Paese, mentre tutte le banche sono state chiuse fino a nuovo ordine e tutti i servizi di prelievo automatici sono stati sospesi.
Le denunce di brogli alle elezioni in Myanmar
I militari da diverse settimane denunciavano irregolarità e brogli che sarebbero avvenute durante le elezioni legislative di novembre, vinte in modo schiacciante dall’LND.
Con il pretesto della pandemia di coronavirus, le elezioni “non sono state né libere né eque”, aveva detto in conferenza stampa la scorsa settimana il portavoce dell’esercito, il maggiore generale Zaw Min Tun.
I militari affermano di aver identificato milioni di casi di frode, tra cui migliaia di centenari o minori che risulterebbero tra i votanti.
Più di una dozzina di ambasciate, tra cui quella degli Stati Uniti e la delegazione dell’Unione Europea, lo scorso venerdì avevano sollecitato il Myanmar ad “aderire a standard democratici”.
Il partito LND di Aung San Suu Kyi
Il partito di Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la pace nel 1991, molto criticato a livello internazionale per la gestione della crisi musulmana Rohingya ma ancora adorato dalla maggioranza della popolazione, ha ottenuto una schiacciante vittoria a novembre.
Quella di novembre è stata la seconda vittoria alle elezioni elezioni generali dal 2011, quando la giunta che ha governato il Paese per mezzo secolo era stata sciolta. L’esercito, tuttavia, mantiene un potere molto importante, avendo il controllo su tre ministeri chiave: Interno, Difesa e Confini.
Le condanne internazionali al colpo di stato in Myanmar
Condanne al colpo di stato da parte dell’esercito birmano sono arrivate da più parti. Gli Stati Uniti hanno fatto sapere che “continuano ad affermare il loro forte appoggio per le istituzioni democratiche” del Myanmar e “in coordinamento con i nostri partner nell’area, chiediamo alle forze armate e a tutte le altre” parti in causa “di aderire alle norme democratiche e di rilasciare i detenuti”.
Gli Stati Uniti, continua la nota diffusa dal portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, “agiranno contro i responsabili se queste misure non saranno revocate”.
Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, da parte sua, ha invitato l’esercito birmano “a rilasciare tutti i funzionari governativi nonché i leader della società civile e a rispettare la volontà del popolo birmano espressa alle elezioni democratiche dell’8 novembre”.
Washington, come altri Paesi occidentali, aveva sollecitato i militari il 29 gennaio ad “aderire a standard democratici”, mentre il capo dell’esercito, il generale Min Aung Hlaing, aveva dichiarato che la costituzione del Paese poteva essere “revocata” in determinate circostanze.
Anche il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha condannato “fermamente” l’arresto da parte dei militari di Aung San Suu Kyi e di altri leader politici in Myanmar. Con “la dichiarazione del trasferimento di tutti i poteri legislativi, esecutivi e giudiziari ai militari questi sviluppi sono un duro colpo per le riforme democratiche in Birmania”, il suo commento.