Obama accoglie il Dalai Lama alla Casa Bianca, schiaffo al regime comunista cinese

Il Dalai Lama

WASHINGTON, STATI UNITI – Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama ha accolto sabato il Dalai Lama nella Map Room della Casa Bianca, e non nella Sala Ovale, dove il presidente riceve i capi stato. Decisione criticata per un incontro privato del tutto a sorpresa, annunciato in fretta e furia solo venerdi,  visto che il leader tibetano si trova a Washington gia’ dal 6 luglio per una grande manifestazione di pace.

Obama, che si preoccupa dei rapporti con la Cina, è stato probabilmente indotto all’incontro dalle sollecitazioni del Congresso di Washington. La notizia della visita ha subito scatenato proteste formali da parte delle autorita’ comuniste cinesi, a Pechino, come negli States, dove però svariati deputati e senatori le hanno definite ”irrilevanti e inopportune”.

Nel 2007 George W. Bush fu il primo presidente Usa a rendere omaggio al Dalai Lama con una cerimonia pubblica, addirittura al Congresso, dove lo onorò con la Congressional Gold Medal, il piu’ importante riconoscimento civile del parlamento americano. Diverso il discorso con Obama.

Il rapporto tra loro e’ stato sempre stato piuttosto contrastato. Nel 2009, il capo religioso fece visita a Washington e in quell’occasione Obama fu duramente criticato per essere il primo presidente americano dal 1991 a non invitare il Dalai Lama alla Casa Bianca. Poi i due, entrambi vincitori del premio Nobel per la Pace, s’incontrarono ufficialmente il 18 febbraio del nel 2010.
 
Anche quella volta Obama venne pero’ attaccato duramente da molti parlamentari, indignati dalla foto che ritraeva il Dalai Lama uscire da una porta laterale della Casa bianca, in un viottolo pieno di neve, circondato da sacchetti della spazzatura. Il Dalai Lama vive in esilio in India da quando la Cina invase il Tibet nel 1950 trasformandolo, contro la volontà dei tibetanti, in una sua propria provincia.

La polemica tra Cina, Stati Uniti e Dalai Lama sul Tibet si e’ riaccesa quando il ministero degli esteri di Pechino ha reagito con durezza all’incontro odierno, considerando il leader tibetano in esilio un secessionista. Ma la Casa Bianca, sospinta dal Congresso, ha ignorato le proteste cinesi. ”Quest’ incontro – ha affermato un alto funzionario americano, ”sottolinea il deciso sostegno del presidente alla conservazione dell’ originale identità’ religiosa, culturale e linguistica e alla protezione dei diritti umani nel Tibet”.

In un comunicato diffuso sul sito web del ministero degli esteri cinese, il portavoce Hong Lei ha risposto sottolineando che Pechino ”si oppone fermamente a qualsiasi incontro di importanti esponenti di governi stranieri con il Dalai Lama, in qualsiasi forma”. Hong ha deplorato l’incontro di Obama col Dalai Lama ed ha invitato gli Stati Uniti ”a non fare nulla che possa interferire negli affari interni cinesi e danneggiare le relazioni tra Cina e Stati Uniti”.

Secondo Kate Saunders, portavoce della Campagna Internazionale per il Tibet, un gruppo umanitario internazionale filo-tibetano, la capitale della regione, Lhasa, e’ stata messa in uno stato ”di virtuale assedio” in vista dell’ incontro a Washington. Il Tibet e’ quasi completamente isolato dal 2008, quando in tutta la sua Regione Autonoma e in molte altre aree della Cina a popolazione tibetana migliaia di persone hanno protestato contro le autorità’ cinesi e chiesto il ritorno in patria del leader esiliato.

Secondo Pechino nelle violenze che seguirono furono uccise una ventina di persone, in maggioranza immigrati cinesi, mentre i gruppi tibetani in esilio affermano che le vittime sono state circa duecento. Da allora tutte le aree tibetane della Cina sono chiuse ai giornalisti e ai diplomatici stranieri, che possono visitarle raramente e solo nel quadro di viaggi organizzati dal ministero degli esteri, senza una reale possibilità’ di interagire con la popolazione locale.

Il Dalai Lama, che ha compiuto pochi giorni fa 75 anni e nel 1989 ha ricevuto il premio Nobel per la pace, vive in esilio in India dal 1959 e da allora ha mantenuto una forte influenza politica e religiosa sulla popolazione tibetana.  I gruppi filotibetani denunciano che dal 2008 ad oggi centinaia di persone sono state arrestate e che i monaci vengono regolarmente sottoposti a sedute di ”rieducazione”.

Negli ultimi mesi ha destato preoccupazione la situazione del monastero di Kirti, in una zona a popolazione tibetana della provincia del Sichuan, dove decine di monaci e civili tibetani sono stati arrestati dopo che un giovane monaco si e’suicidato per protesta contro l’occupazione cinese, dandosi fuoco.

Il Dalai Lama afferma di volere per il Tibet quella che chiama una ”vera autonomia” e ha dichiarato più’ volte di aver rinunciato all’ indipendenza del Tibet, ma Pechino lo accusa di voler in realtà’ la secessione dalla Cina. Numerosi incontri tra rappresentanti del leader in esilio, che si sono tenuti tra il 2002 e il 2008, non hanno prodotto risultati.

Migliaia di persone hanno salutato oggi a Washington, davanti al Congresso, il Dalai Lama. Il capo spirituale tibetano, che al suo arrivo nella capitale americana era stato ricevuto dallo Speaker della Camera, John Boehner, e dalla capogruppo democratica, Nancy Pelosi, ha parlato di pace e spiritualita’ davanti a una grande folla radunata ai piedi di Capitol Hill. E ha espresso la speranza di poter tornare un giorno in Tibet, auspicando  un’evoluzione
democratica della situazione in Cina.

Il Dalai Lama ha risposto in questi termini alla domanda di uno dei presenti, che gli ha appunto chiesto se sperasse un giorno di rientrare in Tibet. ”Oh si’, le cose cambiano continuamente”, ha detto il capo spirituale dei tibetani, 75 anni, in esilio dal 1959. ”Voci per la liberta’, la democrazia e lo stato di diritto si levano sempre piu’ numerose” ha detto, ricordando che il primo ministro cinese, Wen Jiabao, ”a ripetuto piu’ volte lo scorso anno che la Cina ha bisogno di trarre vantaggio da riforme politiche”.

”Sul lungo termine – ha aggiunto – la forza della verita’, la forza della compassione, sono beni piu’ efficaci che la potenza dei fucili”.

Washington il Dalai Lama ha inaugurato un rituale buddista per la pace denominato ‘kalachakra’, che dura una decina di giorni. Nell’ambito di questo rituale ha accolto oggi in tribuna un lama di 26 anni, considerato (ma non in modo univoco dai tibetani) il 17/mo Karmapa, il capo della setta del buddismo tibetano denominata Karma Kagyu.

Il monaco accolto dal Dalai Lama era fuggito dal Tibet nel 1999 per poi ricongiungersi con il suo capo spirituale in India, ed e’ la seconda volta che arriva a Washington.

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