Obama e l’Afghanistan: tra il dire e il fare…

di Licinio Germini
Pubblicato il 2 Dicembre 2009 - 13:55| Aggiornato il 21 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA

E’ possibile che l’invio di altre truppe americane possa trasformare le forze armate afgane in una efficace forza combattente? Gli alleati degli Stati Uniti invieranno anch’essi  truppe nella misura richiesta dagli Usa, ben diecimila uomini? E’ davvero pronto il governo pakistano ad affrontare con decisione gli estremisti che lo minacciano? Il presidente Barack Obama nel suo discorso di martedi ha risposto affermativamente a tutte queste domande. Ma l’Associated Press, dopo aver giudicato per lo meno incerte le prospettive che il presidente abbia ragione, traccia paragoni tra quanto asserito da Obama e la realtà dei fatti.

Obama: le nuove truppe americane in Afghanistan ”aumenteranno la capacità di addestrare le forze afgane in maniera che un numero maggiore di esse possano partecipare ai combattimenti, e aiutino a creare le condizioni perchè gli Stati Uniti possano trasferire la responsabilità della guerra agli afgani”.

I fatti: il problema delle forze afghane non è una questione di numeri. Il problema è la loro efficacia anche dopo che sono stati addestrati al combattimento. Troppi, una volta faccia a faccia col nemico, fuggono o non combattono.

Obama: ”Poichè questo è uno sforzo bellico internazionale, ho chiesto ai nostri alleati di aiutarci. Alcuni hanno già messo a disposizione altre truppe, e siamo certi che ci saranno altri contributi nei giorni e nelle settimane che verranno”.

I fatti: La fiducia di Obama ignora che per anni gli sforzi degli Stati Uniti di convincere gli alleati, inclusi quelli della Nato, ad aumentare il loro contributo non ha avuto esito. Obama è tecnicamente corretto nell’aspettarsi che gli alleati offrano più assistenza, forse già nelle settimane a venire durante una serie di consultazioni della Nato sull’andamento della guerra. Ma i precedenti hanno dimostrato che questi contributi di truppe sono diluiti nel tempo, lenti a concretizzarsi e spesso soggetto a condizioni di impiego.

Obama: ”In passato c’è stato chi in Pakistan ha creduto che la lotta contro l’estremismo non lo riguardasse, e che sarebbe meglio per il Pakistan non far nulla o trovare un accomodamento con coloro che usano la violenza. Ma in anni recenti, mentre innocenti venivano uccisi da Karachi a Islamabad, è diventato chiaro che i più minacciati erano i pakistani. Ora l’opinione pubblica è cambiata. L’esercito pakistano ha lanciato offensive a Swat e nel Waziristan del sud, e non c’è alcun dubbio che gli Stati Uniti e il Pakistan fronteggiano un nemico comune”.

I fatti: E vero che l’esercito Pakistano ha lanciato quelle offensive. Ma quello che Obama non ha detto è che i gruppi estremisti attaccati dai pakistani sono quelli che minacciano il governo di Islamabad, e non quelli, anch’essi di stanza in Pakistan, che attaccano le forze americane e afgane al di là del confine con l’Afghanistan. Tra i gruppi che i pakistani non hanno attaccato c’è Al Qaeda, il cui leader, Osama Bin Laden, si ritiene sia nascosto dalla parte pakistana del confine.

A criticare il discorso di Omama è anche una analisi del New York Times, secondo cui ”gli americani hanno ragione ad essere ”non solo pessimisti riguardo alla guerra in Afghanistan, ma anche disperati”.