X

Attacco nucleare Isis in Europa con droni, war game mondiale

di Maria Elena Perrero |2 Aprile 2016 12:44

Attacco nucleare Isis in Europa con droni (nella foto, un drone usato in agricoltura che basterebbe per distruggere una città), war game mondiale a Washington con Obama, Cameron, Renzi.

WASHINGTON –  Attacco nucleare con droni manovrati da Isis: basta poco, del materiale radioattivo usato negli ospedali, dei droni del tipo impiegato per irrorare i campi arati di disinfettanti, che si comprano su Amazon. C’è da avere paura a leggere i resoconti sullo scenario tracciato ai capi di governo del mondo durante il vertice sulla sicurezza nucleare (nuclear security summit 2016), svoltosi a Washington fra il 31 marzo e il 1 aprile. Non si parla di bombe atomiche col fungo, ma di qualcosa di più subdolo, la diffusione di materiale radioattivo sulle città dell’Occidente.

Scrive il Daily Mail di Londra che “i capi della sicurezza temono che Isis stia progettando di usare droni per spruzzare materale nucleare come i rifiuti in un mortale attacco sulle città della Gran Bretagna. La minaccia è considerata tanto reale che David Cameron e Barack Obama [nell’ordine] hanno partecipato a una sessione di “war game” su come rispondere a un simile attacco, che potrebbe uccidere migliaia di persone e rendere una città inabitabile per anni”.

È stato un seminario quasi operativo, di programmazione, con proiezione di video di finti telegiornali, per prepararsi a un attacco di droni a opera di un gruppo di terroristi, che avevano comprato su siti del “dark web” materiale nucleare rubato da un ospedale e lo avevano fatto entrare di nascosto in vari Paesi dell’Occidente. Una parte del materiale era stata intercettata dai servizi di spionaggio ma parte dei pacchi era arrivata a destinazione. I terroristi avevano quindi portato il loro attacco spruzzando il materiale radioattivo con dei droni del tipo usato in agricoltura per innaffiare di disinfettanti i campi coltivati.

Secondo un funzionario dei servizi segreti inglesi, citato dal Daily Mail, Isis ha già provato a mettere le mani su questo tipo di droni.

Al summit c’erano anche il primo ministro italiano Matteo Renzi e il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, ma a giudicare da foto e dichiarazioni il gioco è stato condotto da David Cameron, primo ministro inglese, che ha obiettivamente tutto l’interesse a drammatizzare per distrarre i suoi cittadini da cupi pensieri di uscita dall’Europa (Brexit).

I vertici del Governo italiano mettono la sordina al tema nelle dichiarazioni ufficiali:

“Al momento non ci sono elementi specifici di allarme [ma questo non toglie che si debbano studiare] anche ipotesi più estreme”

parole attribuite a Renzi dal Messaggero,

e stanno nel vago (vedi sotto). L’apparato della sicurezza nazionale però sembra all’erta. Intervistato da Emanuele Rossi per Formiche.netGianfranco Incarnato, direttore centrale per la sicurezza, il disarmo e la non proliferazione del ministero degli Esteri, che ha seguito in qualità di sherpa i lavori del nuclear security summit 2016, ha detto:

“La minaccia può venire anche da semplici centri radiologici necessari per le cure dei cittadini. I materiali sensibili sono estremamente più diffusi di quanto si possa normalmente immaginare se si circoscrive il pensiero alle sole centrali nucleari”,

mentre vengono i brividi se si allarga la visuale alla enorme diffusione dei materiali radioattivi, alla facilità di acquisire strumenti di diffusione, ai rischi connessi con falle e violazioni della cyber security:

“I rischi e le vulnerabilità per quanto riguarda le centrali nucleari e la connessione alla rete elettrica, ad esempio, sono alti”.

L’aspetto preoccupante, spiega Emanuele Rossi di Formiche,

“è quello legato ad un attacco digitale, per esempio ad un software di gestione di un reattore, che potrebbe creare spaventose conseguenze“.

Il livello di allarme è salito negli ultimi tempi, dopo gli attentati di Parigi (novembre 2015) e Bruxelles (marzo 2016). Dalle indagini è emerso che le cellule del terrore islamico che hanno organizzato gli attacchi erano interessati anche alla centrale nucleare di Liegi:

“Uno scenario agghiacciante, forse remoto e limitato alle cosiddette “bombe sporche” (ossia gli ordigni convenzionali, sporcati con materiale nucleare), ma reso più realistico dai numeri sui traffici: negli ultimi venti anni sono state 2700 le segnalazioni accertate di spostamenti non autorizzati di materiali atomici, 714 sono stati gli incidenti in cui si è misteriosamente perso materiale radioattivo”.

La minaccia trova riscontro nella eco inglese. I droni si comprano su Amazon, nota il Daily Mail, e ci sono già prove che Isis cerca di usarli. Detta con David Cameron:

“Sappiamo che i terroristi vorrebbero uccidere quanta più gente possibile, usando qualsiasi materiale di cui possano entrare in possesso”.

Il quadro allarmante di un possibile attacco nucleare è completato da Giampaolo Cadalanu su Repubblica:

“Di norma i depositi Nato e quelli statunitensi sono considerati a prova di attacco, ma due episodi recenti indicano che i jihadisti stanno studiando come eluderne le difese. È successo in Belgio, dove i servizi di sicurezza sono in evidente difficoltà: durante l’arresto di un uomo collegato con gli attentati di Parigi, la polizia ha trovato video che riprendevano un alto ufficiale di una struttura nucleare e che fanno pensare alla sorveglianza utile a preparare un rapimento.
Lo scorso luglio la polizia italiana ha arrestato un tunisino e un pachistano sospettati di preparare un attentato contro la base aerea di Ghedi, vicino a Brescia, dove sono conservate almeno venti bombe nucleari del tipo B-61, destinate ai bombardamenti aerei, ma modificabili per uso diverso.
La base di Ghedi è uno degli impianti Nato che secondo un’inchiesta dell’Aeronautica Usa del 2008 non soddisfaceva i requisiti di sicurezza essenziali. Da allora la Nato ha stanziato decine di milioni di dollari, ma il Pentagono crede che non basti, tanto che nel budget 2015 ha chiesto altri 154 milioni per mettere le basi in sicurezza. Secondo la Federazione degli scienziati americani, la Us Air Force schiera circa 180 testate nelle basi europee, che «non sono abbastanza sicure».
Ancora meno incoraggiante appare la situazione altrove: dal Pakistan, che ha deciso di costruire ordigni nucleari tattici di piccole dimensioni, più facili da rubare o contrabbandare, ai Paesi dell’ex Unione sovietica, dove diverse testate nucleari della Guerra fredda si sono disperse dopo la dissoluzione dell’Urss, finendo forse sul mercato nero.
La minaccia più reale è la possibilità che esplosivo tradizionale sia affiancato a materiali radioattivi, causando danni più estesi e duraturi. L’ultimo allarme è quello della Nuclear Threat Initiative , che nell’ultimo rapporto sottolinea come «estremisti dello Stato islamico potrebbero aver rubato materiali sufficienti a costruire una bomba in grado di contaminare gran parte di una città e causare danni per miliardi». Se finora non è successo, «è solo un miracolo». Impedire il traffico è molto difficile: sostanze di uso civile, come il cesio-137 con cui si irrora il sangue destinato alle trasfusioni, o il cobalto-60 utile nel trattamento dei tumori, sono diffusissime. Fra il 2013 e il 2014 sono stati almeno 325 gli incidenti in cui materiali radioattivi adatti per una bomba sporca sono finiti fuori controllo.

Poi ci sono le centrali nucleari: solo in Europa le centrali nucleari ad uso civile sono 130. Nonostante le misure di sicurezza rigorose, volte soprattutto alla difesa dei reattori, la possibilità di un furto di materiali resta concreta. E per una bomba sporca basterebbe utilizzare una quantità adeguata di scorie nucleari, i cui depositi sono meno sorvegliati della basi”.

Detta in sintesi, con  presidente degli Stati Uniti Barack Obama:

“Dobbiamo fare di tutto perché l’Isis non abbia l’arma nucleare. Una eventualità talmente devastante che cambierebbe il mondo”. La minaccia del terrorismo con un attacco nucleare è “la minaccia più grande”.

Per fermarla Obama ha chiesto agli oltre 50 leader provenienti da altrettanti Paesi a Washington per il Nuclear Security Summit di rafforzare l’impegno e di non abbassare la guardia. Uno sforzo comune necessario, “una sfida del 21mo secolo che nessun Paese può vincere da solo”.

Con queste parole e questo appello Obama vuole anche mettere il sigillo alla sua iniziativa sulla sicurezza nucleare lanciata nel 2009 e che è passata attraverso il negoziato con l’Iran fino alla sfida lanciata dall’Isis che caratterizza la conclusione del suo mandato presidenziale.

Così, se per ridurre i rischi del terrorismo nucleare il presidente americano riconosce “passi avanti tangibili”, se ricorda che i terroristi fino ad ora non si sono appropriati di materiale nucleare, allo stesso tempo il rischio che l‘Isis o altri gruppi invertano la tendenza è concreto.

E allora: “Non c’è dubbio che se mai i folli dovessero mettere le loro mani su materiale nucleare, quasi sicuramente lo utilizzerebbero per uccidere il maggior numero possibile di persone innocenti. L’unica difesa efficace contro il terrorismo nucleare è di mettere in sicurezza tale materiale per garantire che non arrivi nelle mani sbagliate”.

Per l’Italia al vertice c’era il presidente del Consiglio Matteo Renzi, con in delegazione il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. Renzi ha ribadito e garantito ad Obama l’impegno dell’Italia per la sicurezza nucleare che “proseguirà con grande determinazione”, twitta.

E in sessione plenaria ha sottolineato anche l’importanza dell’educazione e della cultura della pace. Ma non ha lasciato spazio a dubbi sulla determinazione quando, parlando con giornalisti, sottolinea che no, “al momento non ci sono elementi specifici di allarme”, ma “è ovvio – dice – che tutto ciò che è prevenzione viene studiato con grande attenzione”.

In mente, per tutti, c’è l’Isis e se ne parla anche in una sessione speciale a margine del summit, prevista da tempo ma che assume un “senso di urgenza” indubbio dopo gli attacchi a Bruxelles dello scorso 22 marzo, ha sottolineato la Casa Bianca. Per Obama è stata l’occasione di fare il punto con la presenza a Washington dei leader dei Paesi più impegnati nella lotta.

Giovedì ne ha parlato in bilaterale con il presidente Francois Hollande, ribadendo l’urgenza di fermare il terrorismo. I due hanno parlato anche di Libia, con Obama che si è detto convinto della necessità di solidificare una struttura nel Paese che impedisca all‘Isis di utilizzare quel territorio come futura roccaforte.

Tra i leader non si è però parlato di intervento, ha spiegato Renzi, ribadendo la linea italiana di “equilibrio” e nessuna fuga in avanti. Nuovo impegno quindi e nuovo impulso, nel tentativo di lasciare il segno, sebbene non è chiaro quale direzione prenderà nel ‘dopo Obama’ la strada tracciata. Un punto Obama però lo ha messo e, per ora, è fermo: a Washington è l’occasione di parlare anche dell’accordo con l’Iran sul suo programma nucleare. Con i membri del 5+1 il presidente Usa lo definisce un “sostanziale successo”, esempio di quanto la comunità internazionale unita può conseguire, ha detto. Gli iraniani, ha aggiunto, ”stanno cominciando a vederne i benefici”.

Scelti per te