Obama ha detto di non voler ”contenere” il successo economico della Cina perché la prosperità di Pechino può essere di beneficio a tutti. ”Se coltiviamo sfere di cooperazione anziché sfere di influenza vi saranno progressi per tutte le nazioni della regione”, ha detto Obama. Per questo motivo ”è importante perseguire una cooperazione pragmatica con la Cina sui temi di reciproco interesse: nessuna nazione può risolvere da sola le grandi sfide del XXI secolo”, ha detto. Nello stesso tempo una relazione ”più profonda con la Cina non significa un indebolimento delle nostre alleanze bilaterali”.
Un approccio soft, quello del presidente, a poche ore dall’incontro con il presidente cinese Hu Jintao (stasera al vertice Apec di Singapore, tre giorni dopo a Pechino). Obama non ha citato esplicitamente il Tibet o lo Xinjiang, né casi specifici di abusi del governo cinese contro i diritti umani.
A meno di 48 ore dal suo arrivo a Pechino per la prima visita in Cina, dove ha pur detto che parlerà di diritti umani ”in uno spirito sereno” e ”senza rancore”, Obama ha promesso un maggiore impegno degli Stati Uniti in Asia, con un’implicita critica all’era Bush. ”So che l’America negli ultimi anni non ha mostrato molto impegno nell’attività delle organizzazioni multilaterali asiatiche”, ha ammesso, aggiungendo che ora ”una cosa deve essere chiara: quel periodo è finito”.
”Quello che accade in Asia ha un effetto diretto sulle nostre vite negli Stati Uniti”, ha rilevato Obama, ”è in questa regione che transita gran parte del nostro commercio e che compriamo gran parte dei nostri beni, è qui dove possiamo esportare gran parte dei nostri prodotti creando così più posti di lavoro negli Stati Uniti”.
Incisivo poi l’appello rivolto dal presidente americano alla Birmania e teso alla liberazione del capo dell’opposizione e Premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi e degli altri prigionieri politici ”senza condizioni”.