Obama-Paesi Golfo: “No a soluzione militare in Libia o Yemen”

Obama-Paesi Golfo: "No a soluzione militare in Libia o Yemen"
Obama-Paesi Golfo: “No a soluzione militare in Libia o Yemen”

CAMP DAVID – “Non c’è soluzione militare” per i conflitti in corso nella regione mediorientale, inclusi quelli in Siria, Iraq, Yemen e Libia, “che possono essere risolti “solo attraverso mezzi politici e pacifici, il rispetto per la sovranità degli Stati e la non interferenza nei loro affari interni”. E’ quanto emerso al vertice di Camp David tra Barack Obama e i leader dei Paesi del Golfo, ai quali il presidente Usa ha deciso di dedicare molto tempo: una cena di lavoro alla Casa Bianca e tre diverse sessioni di colloqui a Camp David, per rassicurarli sulla validità dell’accordo sul programma nucleare iraniano, che dovrebbe giungere al traguardo entro poche settimane. I Paesi del Golfo a loro volta si sono detti d’accordo sulla necessità di limitare il nucleare di Teheran.

In particolare sulla Libia i leader “hanno deciso di muoversi di concerto per convincere tutte le parti ad accettare un accordo inclusivo di condivisione del potere basato sulle proposte avanzate dall’Onu”, con un appello a “contrastare la crescente presenza terroristica, compreso l’Isis, invece di lottare contro i propri avversari politici”.

Le ricche monarchie petrolifere si sono comunque presentate al vertice con richieste concrete: vogliono elementi tangibili che rafforzino i loro accordi di sicurezza con gli Usa. “In passato in materia di sicurezza siamo andati avanti con un accordo tra gentiluomini. Credo che ora serva qualcosa scritto”, ha detto giorni fa l’ambasciatore degli Emirati a Washington,Yousef al Otaiba. E in tal senso per rafforzare l’alleanza con Paesi della regione, gli Usa intendono riconoscergli lo status di “importante alleato non della Nato”.

Intanto di scritto c’è la dichiarazione finale di Camp David nella quale si legge che gli Stati Uniti sono pronti a difendere con ogni mezzo gli alleati del Golfo da qualunque minaccia o aggressione, anche – se necessario – attraverso l’uso della forza. Eppure la riunione di Camp David era partita in salita. Quattro dei sei capi di Stato invitati hanno deciso di non partecipare direttamente e inviare i loro vice. La defezione più vistosa è stata quella del re saudita Salman, ma anche Emirati, Oman e Bahrein hanno inviato delegazioni di più basso livello. Di persona sono andati solo i leader di Qatar e Kuwait.

Sul piatto, però, Obama ha già messo un rafforzamento della cooperazione e della assistenza militare, con nuove manovre congiunte anche in campo missilistico. E il vertice con i sei Paesi, riuniti nel Consiglio di Cooperazione del Golfo (Ccg) sarà il primo di una serie su base regolare, con il prossimo da tenersi entro un anno a Riad.

E mentre la Camera Usa ha votato una legge che consentirà al Congresso di esaminare e potenzialmente respingere l’accordo sul nucleare iraniano, a gettare benzina sul fuoco arriva anche la notizia che cinque imbarcazioni dell’Iran hanno sparato stamattina colpi d’avvertimento davanti alla prua di una nave cargo battente bandiera di Singapore, cha ha trovato poi rifugio nel porto di Jabal Ali negli Emirati. Che i Paesi del Golfo abbiano validi motivi di apprensione lo ha del resto riconosciuto anche lo stesso Obama in un’intervista ad un quotidiano arabo, Asqarq al Awsat. “L’Iran – ha detto – è uno sponsor del terrorismo” e “chiaramente ha un comportamento pericoloso e destabilizzante per diversi Paesi della regione”.

Ed è per questo che i Paesi del Ccg, che ospitano grandi infrastrutture militari Usa – tra cui la base della Quinta Flotta della US Navy in Bahrein e la base aerea al-Udeid in Qatar – hanno deciso di presentarsi uniti sulla questione, con la prospettiva di affrontare insieme anche altre difficili crisi regionali, come il conflitto in Yemen, o quello in Siria e soprattutto l’ascesa dello Stato Islamico in Siria e Iraq. Tutti argomenti arrivati sul tavolo di Camp David, e di certo collegati anche al nodo del nucleare iraniano.

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