Oci:paesi islamici freddi con Gheddafi,niente solidarietà

ASTANA, 30 GIU – Si e' conclusa il 30 giugno ad Astana con un compromesso sulle grandi crisi in Nord Africa e Medio Oriente la ''Davos Islamica'', 38/o incontro dei ministri degli Esteri dell'Organizzazione per la Cooperazione Islamica, che avrebbe dovuto portare il vento di cambiamento anche nella grande Umma (Nazione). Tra le decine di risoluzioni approvate in chiusura dai 57 delegati dei Paesi membri, non c'e' la condanna dell'intervento Nato in Libia, proposta ieri in Commissione Speciale dall'inviato di Tripoli: ha dovuto ritirarla per mancanza di appoggio generale.

Inevitabile, data la scarsa simpatia che da sempre corre tra l'Oci e il Colonnello, e il si' alle operazioni dell'Alleanza da parte di Riad, membro ''pesante'' dell'Oci. C'e' invece un invito ai membri ad ''assistere il popolo libico in campo umanitario'', e un incoraggiamento a una soluzione pacifica della crisi. Caduto nel vuoto dunque l'appello alla ''solidarieta' islamica'' lanciato ai colleghi dal rappresentante di Gheddafi (che in Kazakhstan e' approdato via Tunisi), sempre piu' in agonia.

Ambigua anche la posizione sulla Palestina: nonostante la concordia generale sulla ''netta condanna'' alla politica di Israele, all'occupazione del Golan, la richiesta di tornare ai confini del 1967 e restituire Gerusalemme est ai palestinesi (membri Oci a tutti gli effetti), non e' sposato da tutti l'invito al boicottaggio dello Stato ebraico (per cui l'Oci, come la Lega Araba, ha un Ufficio Speciale).

Del resto, ha ricordato ieri il ministro degli esteri kazako Yerzhan Kazykhanov, presidente di turno dell'organizzazione, 20 membri su 57 hanno relazioni diplomatiche con Israele. Con l'invito a rispettare le risoluzioni Onu sul conflitto arabo/israeliano, l'Oci reitera il proprio ''appoggio agli sforzi palestinesi di mobilitare il sostegno internazionale per i suoi diritti inalienabili e il riconoscimento dello Stato di Palestina'', e l'intenzione di aiutarla a ottenere un seggio all'Onu.

Divergenze insuperabili sulla primavera araba tra i 57, tra regimi piu' o meno rigidi e nuovi ''rivoluzionari'', sunniti e sciiti, interessi geopolitici, economici e strategici in conflitto e vecchie acrimonie: resta un generico invito a ''impegnarsi in un dialogo costruttivo e lavorare per soluzioni pacifiche, assicurando la protezione dei civili'', e la volonta' di promuovere ''pace, cooperazione, giustizia, diritti umani, liberta' fondamentali, buon governo, democrazia''.

Significativa la condanna dell'Islamofobia in Occidente.

Ma la vera ''vittoria'' forse e' della Siria, troppo importante per i complessi equilibri mediorientali perche' l'Oci si pronunci sulla sua crisi interna: sostenuta dal supporto ''pesante'' dell'Iran, e la cautela del segretario generale Ishanoglu, pur turco: la risoluzione 21/38 cita si' Damasco, ma solo sul ''rifiuto delle sanzioni unilaterali Usa imposte alla Siria''. Prossimo incontro, forse, a Baghdad o Gibuti che si sono offerte di ospitarlo.

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