WASHINGTON, STATI UNITI – Undici anni dopo l’attentato alle Torri Gemelle l’11 settembre 2001, la sanguinaria ombra di Al Qaeda torna ad allungarsi sul presidente Barack Obama e sui leader europei. E’ la nuova Al Qaeda: niente comando centralizzato nelle montagne tra Afghanistan e Pakistan, ma tante piccole fazioni indipendenti, radicate nel territorio, senza alcun contatto tra di loro, per le quali Al Qaeda e’ solo un simbolo, un’ispirazione ideologica e niente di piu’.
La ”base” (questo vuol dire Al Qaeda) ha perso il suo fondatore, ma ha acquistato in imprevedibilita’. Ha cambiato pelle e si e’ ramificata, si e’ spostata geograficamente andando a conquistare angoli nell’Africa subsahariana, nel nord della Nigeria, nel sud della Somalia, nei deserti yemeniti, in Cirenaica. Proprio da qui, da quella porzione di Libia da cui era cominciata la rivolta contro Gheddafi, e’ suonata la sveglia per la comunita’ internazionale concentrata sulla recessione globale, sulla crisi dell’Euro, sulle future elezioni americane.
Forse, troppo concentrata. La Primavera araba ha segnato una curva fondamentale nella storia del Mediterraneo, ha permesso a molti Paesi di liberarsi di regimi dittatoriali e decennali e di incamminarsi sulla strada della costruzione di nuove societa’ e nuovi equilibri interni scegliendo spesso, in libere elezioni, di affidarsi a partiti islamici moderati. I gruppi estremisti islamici, le fazioni jihadiste, piu’ o meno legati ad Al Qaeda, hanno approfittato di questa fase di cambiamento e di passaggio.
Si sono, prima, inseriti tra i combattenti della varie guerre civili nei paesi della Primavera araba e, poi, hanno creato campi e basi dove hanno potuto, cercare di radicarsi nel territorio. Per quanto riguarda la Libia – nonostante i grandi passi avanti compiuti in questi mesi, a cominciare dalle elezioni di luglio dove, caso unico, hanno vinto i partiti laici – la situazione rimane molto fluida con troppe armi ancora in giro e la storica rivalita’ tra Tripolitania e Cirenaica piu’ viva che mai.
Gli osservatori rilevano che bisogna distinguere tra le proteste contro il film anti-Islam e l’uccisione del’ambasciatore americano Chris Stevens. Le prime purtroppo sono una situazione gia’ vista, tra magliette e vignette, che va gestita con dialogo, pazienza e intelligenza. La seconda e’ molto probabilmente la vendetta per l’uccisione del numero due di Al Qaeda, il libico Abu Al Libi, colpito da un drone americano in Pakistan alcuni mesi fa. E’ stato un attacco che ha colto di sorpresa la comunita’ internazionale e, in particolare, l’occidente. Eppure, Al Qaida, o meglio i vari gruppi di estremisti islamici sparsi per il mondo, non hanno mai smesso di colpire in questi anni.
La preparazione militare, la determinazione e gli effetti tragici dell’attacco al consolato americano a Bengasi hanno confermato che la lotta al terrorismo, secondo gli analisti, non e’ per niente finita e che sarebbe meglio che Usa e Europa riprendessero a guardare con piu’ convinzione al di la’ dei propri confini. Per costruire il proprio futuro, la comunita’ internazionale deve rilanciare con forza il dialogo e la cooperazione con i Paesi della primavera araba. L’ Euro e’ fondamentale e le elezioni Usa del 6 novembre sono importanti per tutto il pianeta. Ma il mondo intorno si muove e cambia velocemente e anche la’, nella sponda sud del Mediterraneo, si costruisce il futuro di Usa e Europa. Al Qaida lo ha ricordato a tutti.