Pakistan. Noto giornalista trovato morto dopo aver criticato i militari

Syed Saleem Shahzad

ISLAMABAD, PAKISTAN – Un noto giornalista pachistano, Syed Saleem Shahzad, è stato trovato morto dopo essere stato rapito durante il weekend in un elegante quartiere di Islamabad ed aver ricevuto in precedenza ripetute minacce dai servizi segreti (ISI).

Il giornalista, 41 anni, scriveva in prevalenza su argomenti relativi alla sicurezza ed al terrorismo per l’Asia Times Online di Hong Kong e per l’agenzia di stampa italiana Adnkronos International.

Secondo quanto riferisce il New York Times, Shahzad è sparito domenica sera mentre stava rientrando a casa in auto due giorni dopo aver scritto un articolo in cui sostiene la tesi secondo cui l’attacco di militanti islamici a Karachi il 22 maggio scorso contro la principale base della marina militare pakistana è stato sferrato perchè la marina stava dando la caccia a cellule di Al Qaeda infiltratesi nella base.

Le forze armate pakistane, e specialmente la marina, sono state profondamente scosse dalla battaglia nella base durata 16 ore dopo che sei militanti hanno scavalcato un muro ed hanno fatto esplodere due aerei addetti alla sorveglianza forniti dagli Stati Uniti. L’attacco è costato la vita a 10 persone e per poco non sono rimasti uccisi da sventagliate di mitra anche tecnici americani e cinesi portati tempestivamente in salvo. Tra gli attaccanti gli agenti dell’ISI hanno tratto in arresto un ex-commando dell’esercito, Kamran Malik e suo fratello.

Sferrato poco dopo il raid degli americani che il 2 maggio hanno scoperto e ucciso il capo di Al Qaeda a poca distanza da Islamabad lasciando di stucco le forze armate pachistane, l’attacco alla base navale ha creato grande impressione nel Paese. I capi delle forze armate si sono infuriati per l’umiliazione subita in entrambi gli episodi, e in particolare per gli interrogativi sulla loro competenza sollevati dai sempre più turbolenti media pachistani. I giornalisti hanno interpretato la morte di Shahzad come un avvertimento dell’ISI a non ”infierire” sulle forze armate.

Ali Dayan Hasan, raprresentante in Pakistan per Human Rights Watch, ha dichiarato che l’uccisione di Shahzad porta tutte le impronte delle agenzie di intelligence pakistane. ”E’ molto chiaro per quanto detto da lui stesso e per il contenuto dei suoi articoli che esse non sopportavano quello che scriveva”. 

L’anno scorso il Pakistan è diventato per i giornalisti il Paese più letale del mondo, con un totale di otto vittime mentre svolgevano il loro lavoro, secondo quanto riferito dal Comitato per la Protezione dei Giornalisti. Ma giornalisti sono anche spariti, picchiati e sottoposti a minacce da parte dell’ISI e di gruppi militanti islamici. Il giornalista specializzato in inchieste Umar Cheema, lo scorso settembre è stato sequestrato e picchiato per sei ore alla periferia di Islamabad per aver scritto sull’autorevole quotidiano The News un articolo critico dell’esercito. Cheema non ha dubbi che è stata opera dell’ISI.

”In questo paese vige la legge della giungla”, ha dichiarato Hasan, ”con dottori armati di scalpelli per torturare o uccidere e carnefici che appendono per i piedi le loro vittime picchiandole a morte, il tutto con il tacito consenso di organismi statali”.

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