Papa Francesco I, il lato oscuro. Accusa: legami con dittatura argentina

ROMA – Un’accusa pesante, quella di essere stato in qualche modo colluso con la dittatura mlitare argentina che fu responsabile dello sterminio  di 9 mila persone e per aver denunciato, forse non direttamente ma soltanto togliendo loro la copertura dei gesuiti, due preti ai militari. E’ l’accusa mossa a Jorge Mario Bergoglio, diventato pontefice col nome di Francesco I, dal prete “no global” Don Vitaliano Della Sala.

Sul sito del sacerdote, infatti, compare un lungo articolo che ripercorre alcune delle tappe della gioventù del vescovo. Tappe descritte come “il lato oscuro” del nuovo Papa. L’articolo è datato 2006, ovvero subito dopo l’elezione di Benedetto XVI. Don Vitaliano, sospeso a divinis e poi riammesso, allora parlava di uno “scampato pericolo”. “Questo cardinale poteva diventare Papa”. E’ accaduto sette anni dopo visto che nel Conclave precedente Bergoglio fu proprio il principale antagonista di Ratzinger. 

Scrive il sito:

“Le prove del ruolo giocato da Bergoglio a partire dal 24 marzo 1976, sono racchiuse nel libro L’isola del Silenzio. Il ruolo della Chiesa nella dittatura argentina, del giornalista argentino Horacio Verbitsky, che da anni studia e indaga sul periodo più tragico del Paese sudamericano, lavorando sulla ricostruzione degli eventi attraverso ricerche serie e attente”.

A soli 36 anni il giovane gesuita Bergoglio, racconta ancora Verbinsky diventa il più giovane Superiore provinciale della Compagnia di Gesù in Argentina.

Scrive il giornalista:

 Entrando a capo della congregazione, ereditò molta influenza e molto potere, dato che in quel periodo l’istituzione religiosa ricopriva un ruolo determinante in tutte le comunità ecclesiastiche di base, attive nelle baraccopoli di Buenos Aires. Tutti i sacerdoti gesuiti che operavano nell’area erano sotto le sue dipendenze. Fu così che nel febbraio del ’76, un mese prima del colpo di stato, Bergoglio chiese a due dei gesuiti impegnati nelle comunità di abbandonare il loro lavoro nelle baraccopoli e di andarsene. Erano Orlando Yorio e Francisco Jalics, che si rifiutarono di andarsene. Non se la sentirono di abbandonare tutta quella gente povera che faceva affidamento su di loro”.
 
 Innanzitutto li escluse dalla Compagnia di Gesù senza nemmeno informarli, poi fece pressioni all’allora arcivescovo di Buenos Aires per toglier loro l’autorizzazione a dir messa. Pochi giorni dopo il golpe, furono rapiti. Secondo quanto sostenuto dai due sacerdoti, quella revoca fu il segnale per i militari, il via libera ad agire: la protezione della Chiesa era ormai venuta meno. E la colpa fu proprio di Bergoglio, accusato di aver segnalato i due padri alla dittatura come sovversivi. Con l’accezione “sovversivo”, nell’Argentina di quegli anni, venivano qualificate persone di ogni ordine e grado: dai professori universitari simpatizzanti del peronismo a chi cantava canzoni di protesta, dalle donne che osavano indossare le minigonne a chi viaggiava armato fino ai denti, fino ad arrivare a chi era impegnato nel sociale ed educava la gente umile a prendere coscienza di diritti e libertà. Dopo sei mesi di sevizie nella famigerata Scuola di meccanica della marina (Esma), i due religiosi furono rilasciati, grazie alle pressioni del Vaticano”.
Sullo stesso filone una notizia di Repubblica del 17 aprile 2005:

“A due giorni dall’ inizio del Conclave, un caso scuote l’ Argentina: il cardinale di Buenos Aires, Jorge Bergoglio, uno dei più quotati tra i 115 elettori per diventare il nuovo Papa, è accusato di essere stato un presunto complice del sequestro di due missionari gesuiti il 23 maggio 1976. Lo ha scritto ieri il quotidiano messicano «La Cronica de Hoy», che riferisce che contro Bergoglio è stata presentata una denuncia dall’ avvocato e portavoce delle organizzazioni di difesa dei diritti umani in Argentina, Marcelo Parilli. Il legale ha chiesto al giudice Norberto Oyarbide di indagare sul ruolo di Bergoglio nella sparizione dei due religiosi a opera della marina militare”.

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