Papa Francesco, parole chiave dell’Agenda: A come Ateismo, B come Bioetica…

ROMA – Primo: riforma della Curia e poi evangelizzazione e crisi delle vocazioni. Ma anche trasparenza nelle sacre finanze, bioetica e scandalo pedofilia. Sono alcuni dei temi dell’Agenda-Papa: sono  molti e complessi i nodi da sciogliere per la Chiesa del dopo-Ratzinger. Quello di Papa Francesco I sarà un pontificato ricco di sfide. Il Sole24Ore, a pagina 8, ci offre un compendio delle parole chiave che accompagneranno il nuovo vescovo di Roma.

A come ATEISMO – Dialogo aperto con atei e agnostici

Lo scorso 11 ottobre si è aperto l’anno della fede voluto da Benedetto XVI e destinato a chiudersi il 24 novembre 2013. Una delle grandi sfide che dovrà raccogliere il nuovo Papa oltre alla nuova evangelizzazione fuori e dentro il Vecchio Continente sarà quello di tenere aperto il dialogo con atei e agnostici: terreno di confronto nuovo e difficile per la Chiesa. Perché se una volta l’ateismo era una scelta intellettuale forte, oggi invece si è diffuso un nuovo tipo di ateismo che secondo la Chiesa non nega tanto le verità della fede, ma semplicemente le ritiene irrilevanti per la vita di tutti i giorni. Atteggiamento che Bendetto XVI aveva già additato come un fenomeno «particolarmente pericoloso per la fede» e sul quale il nuovo Papa dovrà costruire un dialogo con iniziative come il «Cortile dei gentili» fortemente voluto da Ratzinger e di cui è il propugnatore Gianfranco Ravasi, “ministro” della Cultura del Vaticano.Uno “spazio” di confronto e dialogo tra cattolici e atei che prende il nome dallo spazio un tempo dedicato, vicino al tempio di Gerusalemme, alla discussione fra ebrei e non ebrei. Obiettivo è contribuire a far sì che i grandi interrogativi spirituali dell’esistenza siano dibattuti con una riflessione razionale comune.

B come  BIOETICA – Mediare, indicando la direzione di marcia

Fra i cattolici si discute sempre più di temi di bioetica e sui cosidetti “principi non negoziabili” tanto cari a Benedetto XVI e che da molti non sono più considerati immutabili e definiti una volta per sempre. I temi sul tappeto sono diversi: dal biotestamento – che dovrebbe consentire al cittadino di decidere quali cure di fine vita accettare e quali no – alla possibilità di ricorrere a nuove terapie per la procreazione assistita che prevedono tra l’altro la possibilità di effettuare la diagnosi pre-impianto. Sul tappeto anche le frontiere della genetica: dall’impiego delle cellule staminali embrionali ai test predittivi su malattie future. Il nuovo Papa dovrà essere in grado di dialogare con la modernità senza paure e anatemi, parlando una lingua comprensibile per gli uomini d’oggi. Dovrà essere talmente forte da riuscire a mediare, ma non potrà non scegliere chiaramente la direzione di marcia su queste frontiere di bioetica.

C come  CURIA – Un «governo» più collegiale

Il cambio di direzione nella gestione della “macchina” curiale vaticana è forse la prima priorità da affrontare. Molti cardinali hanno chiesto una riforma dopo le esperienze, non certamente positive,vissute negli ultimi anni, quando sono emerse tutte le contraddizioni di una Curia romana dominata, spesso, da contrasti e lotte, denunciate più volte dallo stesso Ratzinger. La collegialità è tema di vitale importanza nell’attuale scenario mondiale mentre la Curia romana, nei fatti, è stata spesso di ostacolo al ministero petrino con una macchina burocratica gonfiatasi con Wojtyla. Da qui la necessità di una rivisitazione in senso più collegiale del processo decisionale centrale, in linea con le indicazioni mai attuate del Concilio. La Curia è composta da organi ed autorità che costituiscono l’apparato amministrativo della Santa Sede: oltre alla segreteria di Stato (il dicastero dei più stretti assistenti del Papa) guidato dal cardinale Segretario di Stato, ci sono le congregazioni, i Pontifici consigli, i tribunali, il sinodo dei vescovi. L’ultima grande riforma della curia risale a Paolo VI che la fece nel 1968, fortemente incentrata sulla segreteria di Stato, che funge da presidenza del Consiglio e ministeri degli Interni e degli Esteri. Quindi un potere enorme, che filtra ogni contatto tra i singoli dicasteri e il Papa.

D come DIALOGO INTERRELIGIOSO – Proseguire sul solco di Benedetto XVI

Benedetto XVI lascia nel campo del dialogo interreligioso un grande lavoro e una eredità importante. Soprattutto nel dialogo tra cristiani e musulmani che è stato al centro di un incidente all’inizio del pontificato di Ratzinger con la Lectio magistralis di Ratisbona che molte polemiche sollevò nel mondo mussulmano. Da allora Benedetto XVI ha dato impulso – anche grazie a una storica visita e preghiera, il 30 novembre 2006, alla Moschea Blu di Istanbul, accompagnato dall’Imâm e dal Gran Muftî di Istanbul – a un profondo dialogo teologico tra le due religioni. L’eredità lasciata da Ratzinger è quella di costruire una «tregua» con l’Islam. Da qui dovrà ripartire il nuovo Pontefice per costruire un cammino comune soprattutto con le altre due grandi religioni monoteiste: Islam ed ebraismo.

DIVORZIATI – Risposte urgenti per migliaia di fedeli

La questione dei divorziati resta uno dei grandi problemi della Chiesa. La loro ammissione alla comunione e la richiesta di “nuove risposte”, era già stata una consegna per il nuovo Papa, nelle Congregazioni prima del Conclave che elesse Ratzinger, come scrisse il cardinale Martini. E benchè Benedetto XVI abbia avuto costante attenzione verso il tema, non ha trovato una soluzione, così che decine di migliaia di coppie rischiano di allontanarsi definitivamente dalla Chiesa. I termini della questione sono sempre gli stessi: i divorziati risposati non devono sentirsi esclusi dalla Chiesa, ma si ribadisce che non possono fare la comunione perchè hanno violato la indissolubilità del matrimonio; alla Chiesa si chiede di essere loro vicino, e farli sentire accolti. Chiara a livello teologico e in tutte le sue implicazioni pratiche, la questione dei divorziati risposati trova particolarmente sensibili gli episcopati europei. È questione “pastorale” per eccellenza.

E come EVANGELIZZAZIONE – Saper affrontare la crisi della fede

Il rilancio della Chiesa sul fronte della fede è una delle sfide principali. Fronte cruciale sul quale Benedetto XVI lascia probabilmente incompiuto il suo lavoro: oltre ad aver dedicato il 2013 proprio alla fede, il Papa ormai “emerito”stava concludendo la sua quarta enciclica del pontificato proprio su questo tema. In più dal 2011 aveva creato un Dicastero destinato alla promozione della nuova evangelizzazione. La crisi della fede non è quella di superficie che possa toccare l’una o l’altra struttura della Chiesa, ma quella che va alla radice della comunità cristiana . L’Occidente che è stato per secoli il territorio da cui sono partiti i missionari diretti nel Terzo mondo, adesso è diventato una zona di nuova evangelizzazione. E da qui, forse, che il nuovo Papa dovrà ripartire per poi arrivare più forte nella nuova frontiera dell’Oriente.

F come FINANZE – Razionalizzare i ministeri economici

Oltre al tema scotante dello Ior, il nuovo Papa potrebbe mettere mano al sistema complesso dei ministeri economici della Santa Sede, razionalizzando l’attività, dando maggiore cooordinamento e magari andando verso degli accorpamenti, anche per ridurre le sfere di influenza spesso andate fuori controllo. L’Apsa, aministrazione del patromonio della sede apostolica, è il ministero del Tesoro: vi fa capo buona parte del patrimonio immobiliare e degli investimenti mobiliari (azioni, obbligazioni, oro) derivanti dalle eccedenze accumulate nel corso degli anni. Il patrimonio disponibile della sola sezione straordinaria – quindi quello liquido – sarebbe stimato prudenzialmente in circa un miliardo di euro. L’altro cuore economico del Vaticano è il Governatorato, il dicastero che “governa” lo Stato e a cui fanno capo tra l’altro i Musei Vaticani, ma anche tutti gli immobili e le intendenze dentro le mura. In qualche modo ci sono delle sovrapposizioni con l’Apsa, ma ogni riforma è sempre stata evitata. La prefettura per gli Affari Economici è di fatto un ministero senza portafoglio: si tratta di una sorta di Corte dei Conti, che stila il bilancio consolidato, senza poteri di intervento. Di grande autonomia, invece, gode Propaganda Fide, il dicastero per le missioni, che ha un proprio bilancio fuori dal consolidato e ha un patrimonio in giro per il mondo di quasi 10 miliardi (stimato): il cardinale che lo guida è talmente potente che è chiamato il “papa rosso” (per la sua potestà anche nella nomina dei vescovi in aree missionarie).

I come IOR – Più trasparenza per la banca vaticana

Il capitolo spinoso della banca vaticana è entrato più volte nelle discussioni tra i cardinali dopo la rinuncia di Benedetto XVI. La crisi al vertice del Torrione Niccolò V ha segnato la vita vaticana nel 2012, e solo nei tempi supplementari del pontificato è stato nominato (non senza qualche inciampo) il nuovo presidente, Ernst von Freyberg, tedesco. Sullo Ior pesano i sospetti di scarsa trasparenza, avvalorati sia dal giudizio non del tutto positivo di Moneyval – organismo del Consiglio d’Europa incaricato di giudicare la compliance delle legislazioni antiriciclaggio – ma anche e soprattutto dalle difficoltà incontrate con alcuni Paesi, a partire dall’Italia, come il clamoroso caso dei bancomat chiusi alla fine del 2012 a seguito del no della Banca d’Italia al rinnovo dell’autorizzazione alla gestione da parte di Deutsche Bank Italia, e riaperti dal Vaticano con una società svizzera, quindi extra Ue, non sottoposta ai controlli ordinari della banche europee.
Dagli episcopati si chiede un cambio di passo: qualcuno sollecita un cambio di nome, altri la chiusura. L’ex segretario di Stato Tarcisio Bertone (che, a 78 anni, è stato riconfermato dal Papa per cinque anni alla guida della commissione cardinalizia. praticamente negli ultimi due giorni di pontificato) ha difeso l’operato dello Ior (che può contare su un patrimonio di 7 miliardi di euro, 33mila conti e 25mila clienti) nell’ultima seduta delle Congregazioni, dopo le forti critiche di un cardinale brasiliano di Curia, Joao Braz de Aviz, che ha ricevuto addirittura un applauso dall’assemblea dei porporati. È tempo quindi di un intervento deciso e risolutivo: sarà uno dei capitoli di una agenda “secolare” (ma urgente) che il nuovo Papa dovrà delegare al suo prossimo segretario di Stato.

O come ORIENTE – Aprire la frontiera con la Cina

Il nuovo Papa sarà pastore in un mondo che ha spostato il proprio baricentro a Oriente, dove sembra ormai giocarsi il destino del pianeta: dall’India al Vietnam, dalle Filippine – dove l’evangelizzazione è arrivata nel XVI secolo – alla Corea. E soprattutto la Cina, dove la Chiesa ha il problema dell’elezione dei vescovi e dell’evangelizzazione di un popolo che oggi conta sulla presenza modesta di cattolici che sono scesi sotto l’1% e sono estremamente divisi fra di loro, mentre i protestanti sono aumentati intorno al 10% della popolazione nell’ultimo decennio.
Il problema Vaticano-Cina va letto anche attraverso il diverso peso che la questione ha nelle due cancellerie: importantissima a Roma, vaga a Pechino. Questo potrebbe portare a una situazione in cui ci si potrebbe trovare di fronte a una Chiesa attentissima alla Cina e a una Cina distratta sulla Chiesa. Un fatto questo che potrebbe creare una miscela rischiosa per Pechino. Oggi la Cina deve essere più integrata nel mondo, dove la Chiesa è una super potenza spirituale con oltre 1,3 miliardi di fedeli “diretti” e un’influenza su mezzo miliardo di cristiani. Senza l’aiuto della Chiesa questa integrazione potrebbe essere più difficile.

P come PEDOFILIA – Necessità di segnali di intransigenza

Nell’agenda c’è anche una priorità di stampo “terreno”: l’impegno contro gli abusi sessuali da parte di religiosi, piaga che non sembra fermarsi e di cui si è parlato anche negli ultimi giorni prima del Conclave per le accuse (da provare) al cardinale scozzese O’Brien, che è stato dimissionato da arcivescovo di Edimburgo e che ha rinunciato a partecipare all’elezione del nuovo Pontefice. L’impulso di Ratzinger è stato risoluto, e ad alcuni livelli è stato recepito, ma non sempre tutto il corpo della Chiesa ha seriamente combattuto il fenomeno, a partire dalle resistenze alla collaborazione con le autorità civili dei singoli Paesi. In questo senso il caso del fondatore dell’ordine dei Legionari di Cristo Marcial Maciel, accusato di aver abusato minori e di aver procreato almeno sei figli, ma difeso da diversi cardinali, è significativo. Maciel ha goduto di vasti appoggi all’epoca di Wojtyla ed è stato sanzionato da Ratzinger subito dopo la sua elezione. Il nuovo Pontefice dovrà dunque dare un segnale chiaro di intransigenza.

V come VOCAZIONI – L’emergenza in un mondo secolarizzato

Tra gli argomenti più spinosi che riguardano il clero almeno due che dovranno essere affrontati: la crisi delle vocazioni e il celibato sacerdotale. Le vocazioni rappresentano un’emergenza, soprattutto nella parte “occidentale” del mondo. La secolarizzazione galoppante in molti Paesi, tra questi anche quelli che prima erano baluardi dell’antica cristianità – dalla Spagna all’Irlanda fino alla stessa Italia –, si fonda su un profondo allontanamento culturale e spirituale dalla fede cristiana. Da qui la crisi delle vocazioni sacerdotali e religiose. Fenomeno contenuto solo grazie all’aumento dei cattolici in Africa e Asia, ma che alimenta il dibattito sul celibato dei preti e sull’introduzione del sacerdozio per le donne. I sondaggi dicono che circa i due terzi dei cattolici vedrebbero con favore queste riforme. Ma sul celibato sacerdotale non è prevista all’orizzonte alcuna riforma.

VATILEAKS – Il dossier sul tavolo del nuovo Papa

Uno dei primi atti che forse farà il nuovo Papa sarà quello di leggere il dossier Vatileaks redatto dai tre cardinali “007” – Julián Herranz, Jozef Tomko e Salvatore De Giorgi – incaricati da Benedetto XVI di fare luce sulla sottrazione di documenti riservati dalle stanze del Pontefice. Vicenda che, dal punto di vista processuale, si è conclusa il 6 ottobre scorso con la condanna da parte del tribunale vaticano del maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele, poi graziato dallo stesso Ratzinger. Ma l’inchiesta della commissione dei tre cardinali di fiducia è continuata parallelamente e si è conclusa lo scorso 17 dicembre con la consegna del dossier nelle mani di Bendetto XVI. Che ha deciso di farlo avere al nuovo Pontefice. Il dossier, di cui non si conoscono i contenuti nel dettaglio, prova a fare luce sui “corvi” in Vaticano che hanno orchestrato la fuga di notizie e sulle spaccature all’interno della Chiesa. Il nuovo Papa dovrà sicuramente tenerne conto e trarne anche qualche conseguenza.

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