Lo scandalo pedofilia arriva a toccare anche la figura di papa Giovanni Paolo II. Nel settembre 2001 papa Wojtyla non solo seppe, ma addirittura approvò e incoraggiò la scelta del cardinale colombiano Dario Castrillon Hoyos, allora Prefetto per la Congregazione per il Clero, di inviare una lettera di «congratulazioni» al vescovo di Bayeux-Lisieux, mons. Pierre Pican, per non aver denunciato un prete pedofilo della sua diocesi.
A chiamare in causa Giovanni Paolo II, che appena quattro mesi prima di quella lettera aveva firmato il documento sui Delicta Graviora che affidava alla Congregazione per la Dottrina della Fede i casi di pedofilia nella Chiesa cattolica, è stato lo stesso Castrillon nel corso di una conferenza a Murcia sul pontificato del papa polacco.
Le sue parole sono state accolte dagli applausi dei vescovi e dei cardinali presenti. «Dopo aver consultato il papa e avergli mostrato la lettera, la inviai al vescovo, congratulandomi con lui per essere stato un modello di padre che non consegna i suoi figli» alla giustizia, ha spiegato il cardinale alla platea, aggiungendo che Giovanni Paolo II «mi autorizzò ad inviare la lettera a tutti i vescovi del mondo e a metterla su internet».
«Mi congratulo con lei per non aver denunciato un prete all’amministrazione civile. Lei ha agito bene», aveva scritto Castrillon nella lettera del 2001 al vescovo Pican che, pur essendone a conoscenza, non aveva denunciato gli abusi commessi dall’abate Renè Bissey, nel frattempo condannato a 18 anni di reclusione.
La lettera, aveva spiegato il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, quando due giorni fa è stata pubblicata da un sito francese, «non rappresenta la linea presa dalla Santa Sede», ma, anzi, «dimostra» quanto fosse necessaria l’unificazione di tutti i casi di abusi sessuali sotto la competenza «unitaria e rigorosa» dell’ex Sant’Uffizio. Un concetto ribadito questa sera dal portavoce vaticano durante il viaggio di Benedetto XVI a Malta: rispondendo ai giornalisti, padre Lombardi ha ripetuto che la lettera di Castrillon Hoyos «dimostrava e dimostra l’opportunità dell’unificazione delle competenze in capo alla Congregazione per la Dottrina della Fede».
A Murcia, Castrillon ha spiegato anche che monsignor Pican non denunciò l’abate pedofilo «perchè ne aveva ricevuto la confidenza» e perchè si era attenuto al diritto canonico che vieta al confessore «di riferire quanto detto dal penitente, con le parole o in qualsiasi altro modo, e per nessun motivo». Una giustificazione, quella del «segreto professionale», addotta dal vescovo anche nel suo processo davanti al tribunale di Caen, ma che i giudici trovarono inammissibile, condannandolo a tre mesi con la condizionale per «mancata denuncia di crimini sessuali su minori di quindici anni».
«Mi rallegro di avere un confratello nell’episcopato che, agli occhi della storia e di tutti gli altri vescovi del mondo, avrà preferito la prigione piuttosto che denunciare un prete della sua diocesi», gli scrisse quindi, pochi giorni dopo la condanna, l’allora Prefetto vaticano che, portando mons. Pican a modello di comportamento «in questo campo così delicato», decise di inviare – oggi sappiamo con l’autorizzazione di papa Wojtyla – copia della lettera «a tutti i vescovi del mondo».
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