Prigionieri di guerra, non mercenari. Usare la lingua dell’Onu, non quella di Putin

Una strana soggezione alla lingua di Putin. O forse non è soggezione e non è strana, è soltanto una delle mille e mille forme di pigrizia intellettiva e operativa della comunicazione: qualcuno dice per primo mercenario, tutti ripetono mercenario. Perché la fatica di un’altra parola quado ce n’è già una nell’usuale e universale copia e incolla? Così i tre condannati a morte dai russi, per interposti filo russi del Donbass, diventano comodamente mercenari nei titoli e servizi giornalistici.

Prigionieri di guerra…è lungo

Prigionieri di guerra è locuzione lunga, lunga nei titoli, lunga forse anche nella mente di chi titola. Deve essere per questo che molta comunicazione non adotta la lingua dell’Onu che chiama i tre appunto “prigionieri di guerra”. Andare poi a leggere per vedere se i tre è più corretto chiamarli mercenari o prigionieri di guerra? La fatica dell’impresa strema ed estenua molti fin dal primo passo. I tre sono stranieri, non sono ucraini. In Ucraina vivevano da tempo, alcuni da anni. Non facevano parte di nessuna Legione Straniera e neanche Brigata Internazionale, erano inquadrati, cioè soldati nei reparti regolari delle Forze Armate ucraine. Quindi che cosa sono, cosa sarebbero due nati in Gran Bretagna e uno in Marocco che dopo anni di vita in Italia si fossero arruolati nei parà o carabinieri italiani e fossero stati fatti prigionieri in Irak o Afghanistan? Li avremmo chiamati mercenari, avremmo accettato fossero così chiamati da quelli dell’Isis o dai Talebani?

A proposito, uno dei tre che Mosca chiama mercenario e vuole giustiziare ha combattuto a suo tempo con i curdi contro l’Isis. Mercenario da qualificare con questo termine spregiativo? Ha combattuto per noi, dalla nostra parte, collaborando con gli eserciti occidentali, compreso il nostro. Meriterebbe rispetto e non ingiuria. Ma lo sa la comunicazione copia e incolla cosa comunica dicendo mercenario? Probabile, molto probabile non sappia quel che dice. Ragione però per non perdonarla quando, per recidiva pigrizia e quindi vizio, si ostina a parlare la lingua di Putin e non quella dell’Onu.

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