Primarie Usa, a Ted Cruz 2 Stati su 4: “Sono l’anti-Trump”

Primarie Usa, Ted Cruz e Donald Trump "pari"
Ted Cruz (Foto Ansa)

WASHINGTON – Primarie Usa 2016, tra i repubblicani il “Super Saturday” fa segnare un pareggio tra il magnate Donald Trump e lo sfidante Ted Cruz. Il “Super Saturday” si rivela così una tappa dall’alto valore simbolico nell’infuocata campagna per le presidenziali americane, perché, pur non cambiando di fatto le carte in tavola ha la funzione di mantenere la corsa aperta. Soprattutto sul fronte repubblicano.

Cruz ha vinto nei caucus in Kansas e Maine (dove si è registrata anche una affluenza record). E il senatore del Texas ha subito usato queste vittorie come “prova” che è lui l’alternativa a Trump. E questo nonostante il bottino più ricco, la Louisiana, poi se lo sia aggiudicato comunque il favorito, come il Kentucky, dove però lo scarto tra i due non è enorme.

L’attesa per questo voto Gop in quattro Stati è montata dopo la dichiarazione di guerra al miliardario di New York da parte dell’establishment del partito, spiazzato dalla sua inarrestabile cavalcata. In altre circostanze sarebbe stata infatti una notte molto più tranquilla, quasi un passaggio di routine. E invece lo spoglio è al cardiopalma.

Così alla prima conferma di aver vinto in Kansas Cruz parla subito, per mandare un messaggio al partito, agli elettori e ai rivali. “E’ il momento di essere uniti”, dice. Contro Donald Trump naturalmente. E suggerisce ai contendenti per la nomination Gop di fare un passo indietro, concentrando piuttosto su di lui forze e risorse.

“Continueremo ad accumulare delegati, ma adesso è necessario che il campo si restringa”. Un messaggio che deve risultare parecchio amaro per Marco Rubio, che nel “Super Saturday” non vince niente (già nel Super Martedì l’aveva spuntata soltanto in Minnesota).

Il giovane senatore aspetterà senz’altro il voto del 15 marzo in Florida, il suo Stato, ma in questa notte elettorale una battaglia l’ha già persa, ovvero presentarsi come il moderato, il vero conservatore, l’uomo dell’establishment, colui capace di salvaguardare “il partito di Lincoln e Reagan” come va ripetendo da giorni.

Invece, come era accaduto in Iowa, è Cruz a raccogliere più consensi, probabilmente grazie alla natura della sua campagna radicata sul territorio e che nei caucus (le assemblee popolari) riesce meglio.

Davanti a questo scenario però Trump fa spallucce e va addosso ai rivali. “Non è stata una buona serata per Marco Rubio, è il momento per lui di lasciare la corsa”, incalza subito. E ha già le idee chiare, la battaglia a due la vuole con Cruz: “Lo vorrei molto. Non vince a New York, non vince in New Jersey, non vince in California”.

E poi lo sprint finale a novembre contro Hillary Clinton. Che vince soltanto la Louisiana dei tre Stati del Super Saturday in cui si è votato per i democratici, ma mantiene il suo sostanziale vantaggio su Bernie Sanders, nonostante il buon risultato di quest’ultimo che ha prevalso in Kansas e Nebraska. Si tratta però di caucus che, pur portando un discreto numero dei 109 delegati in palio in totale, non ne garantiscono la maggioranza con le primarie in Luoisiana che pesano di più.

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