New York. La paura blocca il processo a Khalid Sheikh Mohammed, “mente” dell’11 settembre

Quello che è stato definito la « mente dell’11 settembre », Khalid Sheikh Mohammed, il presunto organizzatore degli attentati costati la vita a quasi 3000 persone, verrà processato da una commissione militare nella base extraterritoriale di Guantanamo (considerata al di fuori della giurisdizione ordinaria americana). La decisione di processare Khaild Sheikh nella base cubana rappresenta un duro colpo alla politica giudiziaria di Barack Obama e dell’Attorney General dell’amministrazione, Eric Holder, ed è stata in primo luogo determinata dalle prese di posizioni dei parlamentari del Congresso. Da diversi mesi sembrava infatti che il presunto terrorista sarebbe stato infine processato in una corte federale di New York – la stessa città che aveva contribuito a sfigurare dieci anni prima – da una giuria di quegli stessi newyorchesi contro cui si era abbattuto il suo fanatismo omicida. La decisione di processare Sheikh Mohammed a Guantanamo rappresenta un nuovo imbarazzo per l’amministrazione Obama (che malgrado le promesse non è riuscita in questi anni ha chiudere il centro di detenzione cubano) ed ha scatenato l’ira di diversi commentatori, in prima fila il New York Times, che parla in suo editoriale molto critico di codardia («La codardia blocca il processo del 11 settembre», 4 aprile 2011»).

Eric Holder, trasferendo il processo davanti ad una corte federale di New York, avrebbe voluto mostrare la forza e la robustezza del sistema giuridico americano. Purtroppo ha vinto lo spirito d’inciucio (in inglese «pandering») del Congresso. La città americana perde così la possibilità di giudicare la mente degli attentati del 11 settembre a poche centinaia di metri da dove sorgeva una volta il World Trade Center e di far fare giustizia ad una manciata di newyorchesi scelti, provando così che il terrorismo può essere combattuto senza alterare lo stato di diritto su cui si fonda una democrazia. Purtroppo, scrive il Times nella sua dura requisitoria, molti continuano ad essere codardi, e credono che i terroristi siamo più spaventosi dei criminali americani e che le giurie civili siano inadeguate, troppo tenere, per far rispettare giustizia. Per sette anni l’amministrazione Bush ha incoraggiato questa visione, facendo credere che i sospetti terroristi potessero essere custoditi e processati sicuramente solo sulle spiagge di Guantanamo. La politica ha ceduto a questo mentalità già nel 2009 quando Holder ha annunciato il desiderio dell’amministrazione di processare Mohammed in una corte di Lower Manhattan. Fin da allora un gruppo di senatori ha cercato di intralciare la decisione, sostenendo che avrebbe dato l’occasione per arruolare nuovi terroristi. Perfino il senatore democratico di New York, Charles Schumer, si è proclamato contrario sostenendo che il processo non era ben visto dai newyorchesi, come se i giudici e i procuratori per fare giustizia debbano osservare i sondaggi..

L’opposizione dei repubblicani è stata decisiva nel far naufragare il progetto e tuttavia l’amministrazione Obama deve sobbarcarsi parte delle responsabilità dell’insuccesso, in particolar modo per non avere difeso il processo newyorchese quando gli attacchi sono cominciati. Il risultato odierno è che, ancora una volta, la giustizia americana democratica cederà il passo alla giustizia straordinaria militare, mancando, ancora una volta, la possibilità di mostrare che la nazione è capace di fornire un’equa ed imparziale giustizia a tutti i suoi cittadini.

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