Il prossimo Papa sarà italiano? O sarà nero? Geopolitica di un Conclave

ROMA – Il prossimo Papa sarà italiano o nero? O comunque non europeo? Il secondo Conclave del terzo millennio terrà molto in conto la geopolitica nell’elezione del successore di Benedetto XVI. Al di là del toto-nomi, la provenienza geografica sarà già una dichiarazione d’intenti.

Da una parte ci sono gli italiani, che rivendicano per loro il “ministero petrino” dopo che questo è stato esercitato per 27 anni da un polacco e per 8 da un tedesco. Dall’altra ci sono i continenti che non hanno mai espresso un pontefice, dove il cattolicesimo è una religione “in via di sviluppo”, dove l’evangelizzazione avanza e non arretra come in Europa. Stiamo parlando soprattutto di Asia e Africa, seguiti dal Sudamerica.

I numeri dell’Agenzia Fides dicono che sui quasi 1,2 miliardi di cattolici nel mondo, gli europei (284 milioni) pesano per meno di un quarto sul totale. E se l’America è prima (585 milioni, quasi un cattolico su 2) lo deve in gran parte ai “latinos”, ovvero al Centro e al Sudamerica. Gli africani “papisti” sono 185 milioni, ma agli inizi del ‘900 erano poco più di un milione. In grande crescita l’Asia, dove i cattolici sono 130 milioni (su 4,1 miliardi di asiatici, però).

In questo quadro complessivo, il papato di Ratzinger ha occidentalizzato decisamente il Conclave. Di 90 cardinali
creati in 5 concistori, di cui 74 elettori, la gran parte sono europei (soprattutto italiani) e americani. Fra i 118 che eleggeranno il Papa, 30 (un quarto!) sono italiani e 67 sono europei. Calcolando il rapporto di 1 cardinale elettore ogni 10 milioni di cattolici, vuol dire che la nazione che circonda il Vaticano pesa come se fosse un continente da 300 milioni di cattolici. Mentre l’Europa, da sola, esprime la maggioranza assoluta dei porporati che sceglieranno il Papa.

Il toto-candidati però ci dice che già prima della salita di Ratzinger al soglio pontificio si parlava di un “papa nero” (fortunata canzone dei Pitura Freska, tra l’altro) e che questa volta due candidati “pesanti” sono di colore. Si tratta del ghanese Peter Kodwo Appiah Turkson, ministro degli Affari sociali della Curia, e del cardinale nigeriano Francis Arinze. Quanto alle alternative fuori dall’Europa, si sono fatti i nomi degli “occidentali” Marc Ouellet, il prefetto dei Vescovi franco-canadese e dell’americano Timothy Dolan. Candidati extra europei e non “atlantici” sono l’argentino Leonardo Sandri, prefetto delle Chiese orientali, il brasiliano Odilo Pedro Scherer, il filippino Luis Antonio Taglie.

Europei sono il cardinale austriaco Christoph Schoenborn, arcivescovo di Vienna e “riformista”; il francese Jean-Louis Tauran, responsabile del dialogo interreligioso. Infine gli italiani: in primis Angelo Scola, arcivescovo di Milano molto vicino a Comunione e Liberazione e lontano dal suo predecessore, il cardinale Carlo Maria Martini. In ultimo un nome “curiale”: è quello di Gianfranco Ravasi, “ministro” della Cultura in Vaticano.

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