Russia, il rapporto degli Avvocati per i diritti umani: “Metà del pil finisce in tangenti”

Pubblicato il 16 Agosto 2010 - 17:57 OLTRE 6 MESI FA

Il presidente russo Dmitri Medvedev

Metà del pil russo finisce bruciato in tangenti, con tanto di tariffario, anche per comprare un posto di lavoro nei ranghi della polizia o una sentenza favorevole: lo sostiene l’Associazione degli avvocati per i diritti umani, che ha realizzato un rapporto utilizzando le 6.589 denunce ricevute in poco più di un anno.

Sulla base delle statistiche ufficiali e delle testimonianze raccolte tra il 2 luglio 2009 e il 30 luglio scorso, l’indagine ha concluso che ”il mercato della corruzione rappresenta il 50% del pil” e che il valore medio di una ‘visiatka’ (tangente) è raddoppiato dall’inizio dell’anno sino a 44 mila rubli (1.500 euro).

Che la metà del pil russo finisse nella tasche dei funzionari corrotti era già emerso da un’indagine del 2005: ciò significa che in questo lasso di tempo non è cambiato nulla, nonostante la proclamata volontà dei vertici del potere di combattere un fenomeno che sembra ormai endemico e che relega il Paese al centoquarantaseiesimo posto tra i 180 Paesi presi in esame dalla classifica sulla corruzione elaborata da Transparency International.

In base all’ultimo rapporto dell’associazione degli avvocati per i diritti umani, tutto ha un prezzo ”di mercato”: un posto di assistente procuratore in una procura distrettuale costa circa 8.000 euro, un posto nella polizia stradale, che consente di ”arrotondare” meglio lo stipendio (4.000 euro al mese di ‘extra’), almeno 40 mila euro.

I responsabili dei dipartimenti di polizia intascano oltre 15 mila euro al mese per proteggere il business criminale, i procuratori 8 mila. Una sentenza a favore si compra con 26 mila euro se si tratta di un procedimento penale, ma per una pratica civile bastano 800 euro. ”I lavori più prestigiosi sono quelli dove la corruzione è stabile”, sottolinea il rapporto.