Siria, Assad abroga lo stato d’emergenza

DAMASCO – Le autorità siriane hanno preso la decisione di abrogare la legislazione di emergenza in vigore nel Paese dal 1963. Lo ha detto oggi all’Afp il consigliere del presidente Bashar al Assad, Buthayna Shaaban.

”Le decisione di abrogare le leggi di emergenza è già stata presa, ma non so quando sarà messa in applicazione”, ha detto Buthayna Shaaban.

Tale legislazione, entrata in vigore subito dopo la presa di potere da parte del Baath nel marzo 1963, impone restrizioni alla libertà di riunirsi e di spostarsi e consente l’arresto di ”sospetti o di persone che minacciano la sicurezza”.

Queste leggi permettono inoltre di interrogare, sorvegliare le comunicazioni ed effettuare controlli preliminari su quanto pubblicano i giornali e diffondono le radio e ogni altro mezzo di informazione.

Le autorità siriane hanno anche deciso l’emendamento dell’articolo n.8 della Costituzione, che di fatto definisce il Baath il partito unico, ”dopo la promulgazione della nuova legge sui partiti entro questa settimana”. Lo riferiscono ”fonti ufficiali” di Damasco citate dalla tv panaraba al Arabiya.

Ieri, 26 marzo, la controffensiva del potere siriano contro i manifestanti anti-regimesi era abbattuta su Latakia, capitale della regione alawita da cui provengono la famiglia presidenziale Al Assad e i clan suoi alleati: un numero imprecisato di civili (quattro, forse sette) sono stati uccisi da ”ignoti cecchini” appostati sui palazzi del porto mediterraneo.

La giornata era iniziata con nuovi appelli lanciati dai social network di attivisti e dissidenti al ”popolo siriano” per una massiccia mobilitazione. La chiamata a tornare in strada é stata seguita però solo da alcune centinaia di giovani a Homs, 180 km a nord di Damasco e a Latakia, 350 km a nord-ovest della capitale e luogo-simbolo dello strapotere degli Assad e dei Makhluf, l’altra influente famiglia alawita ai cui rampolli sarebbe affidata la gestione dei lucrosi affari pubblici e privati dello Stato.

Nel porto nord-occidentale della Siria, centinaia di manifestanti sono scesi in strada cantando slogan ”per la libertà” e in sostegno dei ”martiri di Daraa”, epicentro delle rivolte da più di una settimana e capoluogo della regione meridionale che, a causa della repressione del regime, starebbe pagando un tributo altissimo di sangue: si parla di circa 100 morti, ma le cifre non sono confermate.

Secondo le scarse e contraddittorie informazioni provenienti dai mezzi d’informazione indipendenti e da testimoni oculari, i giovani di Latakia, provenienti per lo piu’ dal povero sobborgo di Shaykh Daher, hanno assaltato i simboli del ”regime corrotto”. Così come migliaia di abitanti di Daraa e dei villaggi vicini facevano nelle stesse ore dall’altro capo del Paese: la locale sede del Baath, il partito al potere da quasi mezzo secolo, ma anche gli uffici della Syriatel, una delle due compagnie di telefonia cellulare, di proprietà di Rami Makhluf, sono state date alle fiamme anche a Tafas, poco lontano da Daraa.

A quel punto a Latakia si sono materializzati sui tetti dei cecchini, che secondo l’agenzia ufficiale Sana, facevano parte di un non meglio ”gruppo armato”, che avrebbe sparato su forze dell’ordine e civili.

Ieri sera il consigliere presidenziale Buthayna Shaaban è intervenuta su Al Arabiya per affermare che ”la Siria è colpita da un progetto di smembramento su base confessionale”. Un riferimento implicito, forse, al fatto che la maggioranza della popolazione di Daraa, da cui è partita la protesta, è sunnita, mentre Latakia domina la regione alawita.

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