Siria. Ban Ki-Moon accusa Assad, prove schiaccianti su uso armi chimiche

Il Segretario Generale dell'Onu Ban Ki-moon
Il Segretario Generale dell’Onu Ban Ki-moon

NEW YORK,  STATI UNITI –  ”Prove schiaccianti” sull’uso di armi chimiche in Siria e accuse esplicite di “crimini contro l’umanità” al presidente Bashar al-Assad. Il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon punta il dito contro il rais di Damasco, lasciandosi sfuggire le prime anticipazioni del rapporto che gli ispettori internazionali consegneranno al Palazzo di Vetro lunedi, e va ancora più in là: dicendosi “sicuro che ci sarà un processo per accertare le responsabilità di Assad, quando tutto sara’ finito”.

Parole pronunciate in teoria a microfoni spenti, in un incontro che non sarebbe dovuto essere pubblico, visto che ufficialmente Ban non ha ancora letto per intero il rapporto, come si è poi affannato a spiegare un portavoce. E tuttavia parole che restano, pesanti come pietre. La ‘requisitoria’ del segretario generale arriva del resto nello stesso giorno in cui la Commissione d’inchiesta Onu incaricata di indagare – al di la’ del dossier armi chimiche – sulle violazioni dei diritti umani nel feroce conflitto siriano, elenca da Ginevra una nuova lista di orrori attribuiti in particolare alle forze del regime: con attacchi deliberati a ospedali, personale e trasporti medici presi di mira, diniego di cure, maltrattamenti di malati e feriti dell’opposizione.

Le accuse di Ban giungono a poche ore dall’annuncio del capo della missione di esperti Onu Ake Sellstrom sulla conclusione dell’inchiesta sull’uso dei gas. Un rapporto, quello sulle armi chimiche – vietate dal diritto internazionale – la cui consegna nelle mani di Ban e la cui pubblicazione è previsto lunedi. . Ma sui cui contenuti (il Dipartimento di Stato ha detto di attendersi la conferma dell’avvenuto uso dei gas, pur senza l’indicazione diretta dei colpevoli) è già trapelato molto.

Quasi a preparare la strada, la Commissione d’inchiesta di Ginevra ha diffuso intanto un testo che denuncia in nove pagine altre efferatezze. ”La negazione di cure mediche come arma di guerra – vi si legge – è un’agghiacciante realtà del conflitto in Siria. Rinnegando il principio inconfutabile e universalmente accettato che le persone ferite durante le ostilità devono essere curate, le parti in conflitto in Siria stanno creando un pericoloso precedente”. Il rapporto accusa ancora una volta anche gruppi armati ribelli, imputati a loro volta di aver attaccato ospedali, ma aggiunge che le informazioni raccolte portano soprattutto a una ”chiara conclusione: le forze governative hanno per politica quella di negare le cure mediche a coloro che vivono nelle zone controllate dall’opposizione o a loro affiliate”. Non solo: in strutture come l’ospedale militare n. 601, a Al Mezzeh, presso Damasco, diversi detenuti feriti – bambini compresi – sono stati picchiati, bruciati con sigarette e sottoposti a torture: alcuni fino alla morte.

Damasco ha sempre negato l’accesso alla Siria agli esperti della Commissione e il rapporto è stato redatto in base a testimonianze e altre fonti di informazioni. Tra gli episodi citati spicca il bombardamento della clinica di Al Huda a Sbaneh, a Damasco, colpita il 25 luglio 2012: oltre a un piano dedicato ai combattenti feriti, l’ospedale ospitava un reparto di maternità e un’unità di terapia intensiva.

Intanto continuano frenetiche le consultazioni diplomatiche a Ginevra tra il segretario di Stato Usa John Kerry e il ministro degli Esteri russo Lavrov, sulle quali Obama ha ribadito di riporre la sua fiducia malgrado le posizioni restino distanti. Mosca, è trapelato, punta a presentare all’Onu una ‘dichiarazione’ e non una risoluzione. Su quest’ultima stanno invece lavorando gli occidentali (lunedì a Parigi si incontrano i capi delle diplomazie di Usa, Gb e Francia): una nuova bozza francese è circolata venerdi sera a New York nella quale si imporrebbe una rigida scaletta temporale al regime di Assad per il passaggio sotto controllo internazionale delle armi chimiche, pena il ricorso al ‘capitolo 7′, ovvero all’uso della forza. “Le promesse non bastano – ha spiegato in serata il Quai d’Orsay – serve una risoluzione vincolante all’Onu”.’

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