Tibet, premier in esilio: “Pronti al più alto sacrificio”

ROMA – ''Tutto il mondo sa che la tragedia dei tibetani che si danno fuoco non e' terrorismo, come dicono i cinesi. Sono atti di resistenza. Ma ai cinesi non importa nulla di cosa il mondo pensi davvero del Tibet e delle violazioni dei diritti umani. E proprio questa tracotanza a preoccupare la comunita' internazionale quando osserva l'ascesa della Cina sulla scena globale''. Lo dice in un'intervista al Corriere della Sera Lobsang Sangay, giurista di Harvard ma anche il ''primo ministro'' del governo tibetano in esilio.

''Noi – prosegue -, governo in esilio, non abbiamo mai incoraggiato questi sacrifici e abbiamo chiesto di astenersi da misure estreme. Detto questo, l'essenza delle proteste resta il fatto che i tibetani non accetteranno mai l'occupazione militare del Tibet e lo status di cittadini di seconda classe''. ''Chi si arde – sottolinea – vuole attrarre l'attenzione del mondo sul Tibet. Atti di altruismo, il piu' alto sacrificio possibile''.

''L'obiettivo del mio governo – prosegue – e' garantire, attraverso il dialogo pacifico con i rappresentanti di Pechino, una genuina autonomia nella cornice della Costituzione cinese''. La soluzione pacifica della questione, conclude, non dipende solo dai tibetani e dall'atteggiamento dei cinesi, ma anche ''dal sostegno al dialogo da parte della comunita' internazionale''.

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