Tunisia: la prima riunione del nuovo governo per dare una risposta alla piazza

La spinta della piazza obbliga gli uomini dell’odiato Rcd a un nuovo passo indietro: le dimissioni dal partito degli otto ministri del nuovo governo e lo scioglimento del comitato centrale della stessa formazione, formato in parte dagli stessi dimissionari. E il nuovo governo di unità nazionale, lasciato oggi anche da un quinto ministro (stavolta da un esponente dello stesso Rcd), cerca di dare un altro segnale forte di cambiamento con un disegno di legge per un’amnistia generale, da presentare al parlamento.

Tra le proteste del movimento che chiede una rottura netta rispetto al passato regime del presidente Zine el Abidine Ben Ali, e il timore che i vecchi apparati riescano ancora ad invertire la rotta del processo democratico appena avviato, l’opposizione che ha scelto di sedere sulle scomode poltrone di questo contestato esecutivo cerca di tenere la barra diritta e di uscire dalla tempesta. E cosi’ il governo conferma l’annunciato riconoscimento di tutti i tutti i partiti e movimenti politici finora al bando, compreso dunque quello islamico di Ennahda, e promette che lo Stato riprenderà il possesso dei beni di Ben Ali e della sua famiglia: beni che intanto l’Unione Europea si prepara a bloccare in un vertice di fine mese.

Mentre un lutto nazionale di tre giorni è stato indetto per i ”martiri” della rivoluzione. Ma i tempi dell’amnistia generale rimangono incerti, e così anche la possibile data del rientro in patria da Londra di Rachid Ghannouchi, il leader di Ennahda condannato all’ergastolo dal vecchio regime e che l’ala più ‘secolare’ del nuovo governo – una fonte dell’ex opposizione a Tunisi lascia capire – preferisce tenere ancora per qualche tempo lontano. I giornalisti hanno atteso per ore l’esito della riunione di fronte al palazzo del primo ministro, a due passi dai vicoli della kasbah. ”Non si era mai visto che si potesse sostare qui davanti”, commenta ancora stupito un fotografo tunisino. E certamente non si era mai vista una contestazione di popolo come quella che ha accolto il ministro dell’Interno Ahmed Friaa – nominato dallo stesso Ben Ali poco prima della fuga – giunto scortato da corpulenti agenti di polizia armati di mitra e con il passamontagna sul viso.

Certo non è piaciuto che Friaa abbia promesso l’immunità alle bande armate che avessero consegnato le armi. Nè sono piaciuti gli spari in aria con cui anche l’esercito ha disperso oggi i manifestanti che scandivano ”Fuori l’Rcd’ di fronte alla sede del partito, dopo che ieri la capitale sembrava tornata ad una certa normalità. Lo stesso trattamento è stato riservato anche alla manifestazione dei magistrati e degli avvocati che oggi, di fronte al Palazzo di giustizia, rivendicavano l’indipendenza del sistema giudiziario e, anche loro, nessun compromesso con il vecchio regime. E anche il giovane blogger Slim Amamou, inserito nel nuovo esecutivo come sottosegretario alla gioventù e allo sport, non si è salvato oggi dalle contestazioni dei suoi stessi funzionari ad un governo troppo compromesso con il passato.

Alla fine, l’insegna dell’Rcd sulla sede del partito non si e’ salvata: sottratta al furore della folla, è stata comunque rimossa da alcuni funzionari, con la gente tenuta a distanza ma che si sentiva testimone di un momento storico come quello in cui cadde la statua di Saddam a Baghdad. Ma la Tunisia, avverte l’Fmi da Washington, ha poco da festeggiare: il tasso di crescita del Paese è decisamente inferiore a quello necessario per creare nuova occupazione. E oggi il Consiglio mondiale dell’oro ha confermato i timori nati dopo la fuga della moglie di Ben Ali: manca una tonnellata e mezza di oro dai caveau della Banca centrale della Tunisia. E’ questa la grande emergenza che il nuovo governo, insieme alla difficile transizione politica, deve affrontare.

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