UCRAINA, KIEV – L’Ucraina resta sprofondata nel caos, malgrado i timidi segnali d’intesa diplomatica che riecheggiano da Ginevra. Nelle zone dell’Est del Paese si registrano ancora scontri e disordini, e giovedi notte a Mariupol – un’importante città portuale sul Mar Nero almeno tre insorti filorussi sono morti e 13 sono rimasti feriti in uno scontro con le truppe del ministero dell’Interno di Kiev.
Stando alla versione fornita dal ministro dell’Interno, Arsen Avakov, 300 uomini armati hanno assaltato una caserma del ministero, tentando di sfondare la porta d’ingresso, lanciando molotov e chiedendo la consegna delle armi.
In risposta all’attacco, i militari della Guardia Nazionale ucraina avrebbero dapprima sparato in aria a scopo intimidatorio, e poi aperto il fuoco riuscendo a disperdere gli aggressori. Sarebbe quindi partita un’operazione di rastrellamento. La tensione, insomma, non accenna a diminuire, e l’ex ‘pasionaria’ della Rivoluzione arancione, Iulia Timoshenko, torna alla carica proponendo di istituire lo stato d’emergenza nelle regioni dell’est, dove i rivoltosi anti-Kiev occupano alcuni importanti edifici amministrativi.
Una misura potenzialmente incendiaria, che consentirebbe alle forze armate di intervenire quasi senza restrizioni contro i dimostranti e allo stesso tempo comporterebbe il rinvio delle presidenziali del 25 maggio: alle quali Timoshenko si è candidata, ma risulta al momento in netto ritardo nei sondaggi. Intanto le autorità di Kiev – che accusano il Cremlino di appoggiare la protesta filorussa – hanno deciso di limitare l’accesso ai cittadini russi (in particolare, sembra, agli uomini tra i 16 e i 60 anni), e i servizi segreti ucraini hanno fatto sapere di aver già negato l’ingresso nel Paese a 11.000 cittadini russi dall’inizio della settimana.
Mosca non ha per nulla gradito, e da Ginevra dove è stato annunciato un accordo Russia-Usa-Ue-Ucraina sulla crisi in atto – il ministro degli Esteri di Mosca Serghiei Lavrov non ha esitato a definire la misura discriminatoria e “vergognosa”. Nelle regioni orientali si susseguono comunque le manifestazioni e le proteste, sia da parte dei filorussi sia – nelle ulime ore – di sostenitori dell’unità dell’Ucraina.
In serata un gruppo di 100-200 pro-Mosca ha dimostrato davanti all’aeroporto di Donetsk e centinaia di manifestanti filorussi hanno protestato contro il governo di Kiev anche a Mariupol, proprio davanti al municipio della città occupato da alcuni giorni dagli insorti, che vogliono un referendum per trasformare l’Ucraina in uno Stato federale, così come chiesto dal Cremlino, o addirittura per l’annessione alla Russia.
I filorussi hanno inoltre preso una stazione di trasmissione tv a Sloviansk per bloccare i canali ucraini e ripristinare la trasmissione nella zona delle tv russe oscurate. Ma sempre a est venerdi sono scese in piazza anche persone che sostengono che l’Ucraina debba rimanere unita e che sono contrarie al federalismo. Qualche migliaio di studenti e insegnanti, stando ai media di Kiev, ha dimostrato a favore dell’unità dell’Ucraina a Lugansk, città dell’est in cui gli insorti occupano la sede dei servizi segreti.
E una manifestazione simile si è svolta anche a Donetsk, con 2.000 persone. A Kramatorsk i dimostranti con la bandiera gialla e blu dell’Ucraina erano invece 500 e, nell’incontrollabile guerra di propaganda contrapposta a colpi di notizie impossibili da verificare, una tv locale ha sostenuto che 100 filorussi erano pronti ad assalirli, ma sarebbero stati fermati dalla polizia.
A preoccupare le autorità ucraine sono anche gli “omini verdi”, cioè i filorussi armati e in mimetica senza distintivi che il governo di Kiev accusa di essere militari russi. Per fermarli, il governatore di Dnipropetrovsk, il chiacchierato oligarca Igor Kolomoiski, ha lanciato un’iniziativa controversa: ha messo una ‘taglia’ su ognuno di loro – indicati su grandi poster con un termine di sapore razzista usato in gergo ucraino per additare genericamente i russi, ‘moskalò’ – offrendo 10.000 dollari per ciascuna ‘preda’ catturata.
I commenti sono chiusi.