Usa, elezioni. Schiere di lobbisti per finanziare campagna Romney

WASHINGTON, STATI UNITI – Il presidente Barack Obama ha scelto di non accettare contributi elettorali da parte dei gruppi di lobbisti registrati, ma  il suo sfidante, l’ex governatore del Massachusetts, Mitt Romney – già straricco per conto suo – ne ha fatto un punto di forza per incrementare ulteriormente le gia’ fiorenti casse della sua campagna elettorale. Non solo, ma Romney predica bene e razzola male, perchè attacca i suoi concorrenti accusandoli di ricevere soldi più o meno da dove li riceve lui.

Romney infatti conta sul sostegno di quasi trecento dei piu’ importanti lobbisti repubblicani di Washington che nel 2011 hanno donato circa 400.000 dollari al candidato del Grand Old Party (Gop): da Charles Black Jr., presidente di Prime Policy Group e lobbista per Walmart e At&t, a Wayne Berman, numero uno di Ogilvy Government Relation e rappresentante della casa farmaceutica Pfizer. Sino a Vin Wiber, managing partner per Clark & Weinstock.

Senza contare il flusso di denaro proveniente da una serie di societa’ che hanno deciso di ‘tenersi buono’ Romney in quanto ritengono che possa esere funzionale ai loro interessi. Ad appoggiare l’ex governatore del Massachusetts sono infatti sedici gruppi dell’elite finanziaria di Wall Street. Cosi’ come Microsoft e la multinazionale del tabacco Altria, che hanno deciso di sostenerlo donando due milioni di dollari per la sua campagna.

E tra gli altri lobbisti che appoggiano Romney – la maggior parte dei quali sono veterani di altre campagne presidenziali repubblicane come quella per il Senatore John McCain del 2008 – ci sono David Wilkins, ex ambasciatore degli Stati Uniti in Canada che ora opera per l’industria petrolifera canadese, e Stephen Rademaker, ex funzionario del Dipartimento di Stato che ora lavora per la General Dynamics.

Come riferisce il New York Times, l’entourage di Romney non ha ancora commentato, mentre non si e’ fatto attendere il duro attacco da parte dei suoi critici. Accusano Romney di essere incoerente per lo stridente contrasto tra il gruppo di lobbisti che lo sostiene e il fatto che lui si sia sempre definito un uomo d’affari che non ha nulla a che vedere con ”le creature di Washington”.

Gestione cookie