Usa-Israele. Netanyahu da Obama per verificare offensiva sorrisi Rohani

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu

WASHINGTON, STATI UNITI -Accertare la verità a fronte dell’offensiva del sorriso del presidente Hassan Rohani: e’ quanto vuole fare il premier israeliano Benyamin Netanyahu partito per gli Usa dove incontra lunedi il presidente Barack Obama, per parlare poi, martedi, all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Un’occasione che Netanyahu intende sfruttare al massimo nell’intento di controbilanciare l’offensiva iraniana e le conseguenti aperture Usa verso Teheran, giudicate invece con maggiore favore dal presidente Shimon Peres.

E ancora più gradite al presidente siriano Bashar Assad, secondo il quale “se gli Stati Uniti sono sinceri” dall’avvicinamento tra Usa e Iran “ci saranno risultati positivi, non solo per la crisi siriana ma per tutti gli altri problemi della regione”. Per dare maggiore forza al suo discorso, Netanyahu – secondo quanto si e’ appreso nei giorni scorsi – citerà “prove” fornite dall’intelligence riguardo l’immutata corsa dell’Iran al nucleare e la sua presunta regia dietro il terrorismo internazionale.

E a questo proposito, lo Shin Bet (il controspionaggio interno) ha annunciato di aver arrestato a Tel Aviv un uomo di affari di nazionalita belga, ma di ascendenza iraniana, accusato di voler spiare per conto di Teheran. Alex Mans – cosi’ si chiama l’uomo – sarebbe stato reclutato dai Pasdaran e nei suoi bagagli sono stati trovati documenti vari fra cui fotografie dell’ambasciata Usa a Tel Aviv.

“Si deve parlare dei fatti e dire la verità”, ha ammonito Netanyahu prima della partenza perchè “dire oggi la verità è vitale per la sicurezza e la pace del mondo e ovviamente di Israele”. Al tempo stesso ha chiesto ai ministri del suo governo e ai portavoce ufficiali di non rilasciare dichiarazioni sulla telefonata tra Obama e Rohani – la prima dopo decine di anni tra Washington e Teheran – e in generale sul dossier Iran onde evitare gaffe o critiche prima del suo incontro con il presidente Usa. Tuttavia a parlare è stato Avigdor Lieberman, presidente della Commissione Affari esteri e Difesa della Knesset (Parlamento), che sulla propria pagina Facebook ha postato un commento nel quale mette in guardia dalle parole di Rohani che sono “null’altro che un falso espediente in stile Nord Corea”.

Di tutt’altro avviso, il presidente Shimon Peres che, riferendosi appunto alle aperture Usa, ha detto alla Radio Militare di non apprezzare “questo tono di disistima. Anche gli altri hanno un cervello, non solo noi”. Dopo aver convenuto con Netanyahu che i progetti nucleari iraniani devono essere fermati, Peres ha subito aggiunto: “Non c’e’ motivo di non parlare con gli americani, di non tentare di influenzarli”. Ma Netanyahu non ha solo il dossier Iran da affrontare nel suo viaggio negli Usa. Alle Nazioni Unite nei giorni scorsi ha parlato il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen, rilanciando la sfida sui colloqui di pace in corso tra le parti.

Tuttavia, Netanyahu – che vedrà anche il segretario di Stato Usa John Kerry, motore del riavvio dei negoziati – e’ partito per Washington con il suo partito inquieto: attivisti e esponenti del Likud gli hanno chiesto – via annunci sulla stampa – di bloccare in extremis il rilascio di un nuovo scaglione di detenuti palestinesi, previsto a breve come “gesto di buona volontà” nell’ambito della ripresa dei colloqui di pace. “Il terrorismo avanza; dobbiamo – e’ scritto nell’appello che ricorda i due soldati israeliani uccisi nei giorni scorsi in Cisgiordania – bloccare la liberazione dei terroristi”.

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