Pakistan. Traballa il potente capo dell’esercito, troppo filo-americano

Il capo dell'esercito pakistano Ashfaq Parve Kayani

ISLAMABAD, PAKISTAN – Il capo dell’esercito pakistano, generale Ashfaq Parvez Kayani, l’uomo più potente del Paese, sta lottando per mantenere il suo incarico di fronte alla rabbia di generali ed ufficiali di grado inferiore suscitata da quando il commando americano ha scovato e ucciso il capo di Al Qaeda Osama bin Laden il 2 maggio scorso, secondo quanto riferisce il New York Times citando fonti che hanno incontrato Kayani di recente.

Kayani, capo dell’esercito dal 2007, è talmente criticato per quelli che vengono considerati suoi stretti rapporti con gli Stati Uniti che un golpe di colonnelli – sebbene improbabile – non è fuori discussione, a quanto hanno dichiarato una fonte vicina al generale e un ufficiale militare americano a conoscenza degli affari pakistani da molti anni.

L’esercito pakistano è essenzialmente gestito per consenso da 11 comandanti di alto grado, conosciuto come Corps Commanders, e quasi tutti, se non tutti, stano chiedendo a Kayani di assumere un atteggiamento più duro con gli americani, perfino al punto di arrivare ad una rottura.

E Washington, con suo intransigente atteggiamento verso il Pakistan, ha spinto Kayani e le sue truppe sulla difensiva , e se dovesse accadare che un golpe si liberasse di lui, gli Stati Uniti si troverebbero a trattare con un capo dell’esercito assai meno comprensivo e più anti-americano,

Per ripristinare la reputazione dell’esercito, ed assicurare la propria sopravvivenza come capo, Kayani, dopo l’attacco dei commando americani, ha compiuto per sei settimane un inconsueto giro di oltre dodici guarnigioni, mense militari ed altre istituzioni per rafforzare la sua popolarità tra le truppe, che sono in maggioranza anti-americane. Nè, va detto, i pakistani si sono particolarmente scandalizzati che bin Laden fosse rifugiato nel loro paese a 50 km da Lslamabad.

Durante una lunga seduta a fine maggio alla National Defense University, la principale accademia di Islamabad, un ufficiale ha contestato il discorso tenuto da Kayani fondato sulla necessità di cooperare con gli Stati Uniti affermando: ”Se loro non ci hanno fiducia, come possiamo noi avere fiducia in loro”? E la risposta del generale essenzialmente è stata: ”Non possiamo”.

Reagendo alle pressioni esercitate su di lui dalle sue truppe, il generale Kayani ha assunto un atteggiamento assai più ostinato nei suoi contatti con gli americani, mostrandosi più duro con qualsiasi delegazione di alto livello statunitende giunta a Islamamad dopo il raid del 2 maggio per cercare di riparare le frantumate relazioni col Pakistan.

Una rappresaglia contro gli americani è già pronta: i droni Usa sono utilissimi contro i talebani pakistani, e sono stati sempre mal sopportati da Islamabad. Ora Kayani ha detto che essi sono ”politicamente inaccettabili”, e per mantenere la sua posizione ed evitare rischi di golpe potrebbe decidere di bandire del tutto il loro uso. Per le operazioni belliche americane sarebbe un duro colpo.

La rabbia contro gli americani e la delusione nelle capacità dell’esercito traggono origine dal fatto che essi non informarono anticipatamente i pakistani del raid contro il rifugio di bin Laden, e che le forze di Islamabad non furono capaci nè di avvistarlo, nè di fermarlo. E l’ostilità verso gli gli Stati Uniti rende ora più difficile per Kayani motivare l’esercito per combattere i talebani, in una guerra ora sempre più considerata dai pakistani una guerra americana.

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