Siria, Rex Tillerson a Vladimir Putin: “Assad deve dimettersi, Russia lo riconosca”

Siria, Rex Tillerson a Vladimir Putin: "Assad deve dimettersi, Russia lo riconosca"
Siria, Rex Tillerson a Vladimir Putin: “Assad deve dimettersi, Russia lo riconosca”

MOSCA – Un incontro durato circa due ore quello tra il segretario di Stato Usa Rex Tillerson e il ministro degli esteri russo Serghei Lavrov. La Siria e Bashar al Assad i temi centrali di questo incontro non privo di tensioni. Tra Russia e Stati Uniti il clima è testo, soprattutto dopo il lancio dei missili americani sulla base siriana per l’attacco con armi chimiche. Rapporti che però potrebbero distendersi se la Russia riconoscesse che è arrivato il momento di far dimettere Assad e organizzare la sua rimozione in modo strutturato.

L’incontro inizia nel pomeriggio del 12 aprile, quando il segretario Tillerson senza tanti giri di parole ammette le tensioni e il clima da guerra fredda:

“Le relazioni tra Stati Uniti e Russia sono ad un punto basso, caratterizzato da un basso livello di fiducia”.

Poi è il momento di discutere della Siria, dove gli Stati Uniti prendono una posizione chiara:

“Il regime siriano di Assad ha usato bombe al cloro e altre armi chimiche in oltre 50 occasioni. Bashar al Assad non può assolutamente governare la Siria, la sua rimozione dal potere deve avvenire in modo strutturato e organizzato. Abbiamo parlato del futuro ruolo di Bashar al Assad, sia che si tratti di partecipazione al processo politico o no è evidente che il regime di Assad sta arrivando alla sua fine. Ne sono colpevoli loro stessi con il loro comportamento”.

La distanza tra le due potenze sarebbe dunque superabile e lo stesso presidente Vladimir Putin ha mostrato la sua apertura ad un dialogo con Donald Trump, come ha dichiarato Lavrov:

“Il presidente russo Vladimir Putin è disponibile al ripristino del memorandum con la coalizione a guida americana per la prevenzione degli incidenti e sulla garanzia della sicurezza dei voli durante l’operazione in Siria, a patto che gli Usa si concentrino nella lotta all’Isis e agli altri gruppi terroristici”.

Passi avanti, ma le divergenze restano. Tanto che in serata da Washington Trump rincara la dose:

“Assad è un macellaio e on la Russia non stiamo andando per niente d’accordo, i rapporti tra i due paesi sono ai minimi”.

Certo, Vladimir Putin alla fine ha sciolto la riserva e ha ricevuto al Cremlino Tillerson, con cui peraltro ha sempre avuto un rapporto cordiale, se non di amicizia, nato quando l’americano dirigeva la ExxonMobil. Ma le cose, alla fine, sono andate abbastanza bene. Mosca infatti ha registrato la volontà degli Usa di sostenere un’indagine dell’Onu in Siria per capire cosa è successo davvero a Idlib, se davvero Assad ha usato le armi chimiche contro il suo popolo. Per Tillerson, lo ha fatto d’altra parte “in oltre 50 occasioni”.

Ma è proprio su questo punto che si registra la differenza maggiore. Lavrov ha letteralmente rubato la parola a Tillerson per mettere i puntini sulle ‘i’: “Noi vogliamo scoprire la verità e se i nostri partner all’Onu e all’Aja si opporranno all’indagine, vuol dire che sono loro a non volerla”.

Il nodo è sempre lui: Assad. Mosca giura che non punta né su di lui né su di “nessun altro” ma che, mentre con Assad c’è la possibilità di battere l’Isis, senza probabilmente no. Tillerson ha ribadito di volere una Siria stabile, non “un porto franco per i terroristi”, ma che Assad se ne deve andare e a rincarare la dose in una intervista alla Fox è proprio Trump:

“Assad è una persona diabolica e se Putin non fosse intervenuto ora non avremmo questi problemi”. Poi dopo l’incontro con il Jens Stoltenberg mette in campo anche la Nato – “non più obsoleta” e “baluardo della sicurezza e della pace”-  per “risolvere il disastro in corso in Siria”.

Al di là delle dichiarazioni, però, restano delle linee rosse. La Russia ad esempio ritiene “vitale” evitare altri attacchi americani in Siria e ha posto il veto, considerandola “inaccettabile”, sulla nuova bozza di risoluzione Onu approntata da Gran Bretagna, Francia e Usa. A rimuovere i dittatori – è l’analisi di Lavrov, molto simile a quella sbandierata più volte dallo ‘zar’ – non finisce mai bene, non “fila mai liscio”. Il prossimo round sarà al G20 tedesco, dove Putin e Trump dovrebbero finalmente incontrarsi. E fuori i secondi.

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