Usa: presto al voto la riforma finanziaria, maxi-tassa di 19 miliardi di dollari per le banche

Barack Obama

Brack Obama si appresta a tassare le banche con una maxi-tassa di 19 miliardi dollari e con la riforma finanziaria più dura dal 1929. Dopo due settimane di colloqui i rappresentanti del Senato e della Camera dei deputati statunitense hanno trovato l’accordo sulla versione finale della legge di riforma finanziaria. Lo scrive la Bloomberg, spiegando che la riforma, che contiene i cambiamenti più forti per Wall Street dai tempi della Grande depressione, andrà al voto delle due camere forse già la prossima settimana. E al suo interno è contenuta una maxi-tassa di 19 miliardi dollari sul settore finanziario. L’imposta sul settore arriva, in realtà, a sorpresa: il presidente della commissione servizi finanziari alla Camera, Barney Frank, l’ha annunciata spiegando che è legittimo chiedere alle istituzioni finanziarie, i cui ”errori collettivi” hanno danneggiato l’economia, di pagare il costo della riforma.

L’accordo raggiunto prevede inoltre nuovi poteri al governo per la chiusura di istituzioni finanziarie che minacciano la stabilita’ del sistema, nuovi strumenti regolatori per combattere il rischio sistemico, e un’agenzia per la tutela dei consumatori.

L’accordo fra Camera e Senato arriva a poche ore dalla partenza del presidente Barack Obama per il G8-G20 e al termine di una maratona di oltre 20 ore di negoziazioni. L’accordo sarà ora votato da Camera e Senato, per poi approdare sul tavolo di Obama per la firma finale. Il presidente americano ha premuto sul congresso sul raggiungimento di un accordo prima del G20.

Obama punta a trasformare il progetto entro il 4 luglio prossimo. In base al testo approvato le banche saranno costrette a cedere, o conferire a una società controllata, i loro desk che si occupano di trading sugli ‘swap’, e vedranno imporsi il divieto di fare trading per conto proprio e non della clientela. Viene invece ammorbidito il bando a investire in hedge fund: le banche potrenno investire il 3% del capitale Tier 1, invece che il 2% del tce come precedentemente previsto, ovvero una ”differenza da miliardi di dollari per le maggiori banche” osserva il Financial Times.

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