Le rivelazioni di Wikileaks: Iran incubo dei Paesi arabi

Pubblicato il 29 Novembre 2010 - 10:11 OLTRE 6 MESI FA

L’ ‘incubo iraniano’ domina buona parte dei documenti segreti rivelati da Wikileaks relativi al Medio Oriente. Negli ultimi anni la necessità di bloccare gli sforzi di Teheran di dotarsi di un potenziale nucleare è un tema ricorrente nei colloqui segreti dei diplomatici statunitensi non solo in Israele ma anche in Arabia Saudita, in Egitto, nel Golfo.

”Occorre schiacciare la testa del serpente” avrebbe consigliato il monarca saudita Abdullah, riferendosi alla necessita’ di un intervento militare statunitense in Iran. Uno dei documenti piu’ interessanti riguarda il ministro israeliano della difesa Ehud Barak che nel maggio 2009 stimava che al mondo restavano ”fra sei e 18 mesi” per impedire all’ Iran di dotarsi di un potenziale nucleare. E dopo quella scadenza? La sensazione del ministro, avrebbe scritto l’ambasciatore Usa in Israele James Cunningham, è che in seguito ”ogni soluzione militare (nei confronti dell’Iran, ndr) comporterebbe danni collaterali inaccettabili”. Israele – confermano i documenti – aveva fiutato il pericolo fra i primi al mondo: gia’ nel 2005 il premier Ariel Sharon vedeva nei programmi nucleari iraniani il principale pericolo strategico per Israele.

Nel 2007, a colloquio con il sottosegretario di Stato Nick Burns, il capo del Mossad Meir Dagan aveva discusso i cinque ”pilastri” necessari per fermare Teheran: un cocktail di misure politiche (ad esempio: all’Onu), economiche (mediante sanzioni), militari (rimaste segrete anche nel documento) ed insurrezionali. Fra queste, il tentativo di destabilizzare il regime degli ayatollah sostenendo le forze democratiche, il movimento studentesco e le minoranze etniche. Nel novembre 2009 i dirigenti israeliani mandarono a dire a Barack Obama che i suoi tentativi di cercare un soluzione negoziata per fermare gli sforzi nucleari iraniani erano destinati a fallire. Gli iraniani, avvertivano gli esperti israeliani, ”cercano solo di guadagnare tempo”. Il senso di allarme sembra avere un carattere regionale. Anche il re Hamad del Bahrein (un Paese che ospita una base della Quinta flotta americana) affermo’ con forza che i programmi iraniani ”devono essere fermati”. ”I pericoli che deriverebbero dal tentativo di fermarli sono minori di quelli che dovremmo affrontare se lasciassimo fare”, avvertì. Gli avrebbe fatto eco re Abdullah dell’Arabia Saudita che incitava gli Stati Uniti a colpire l’Iran. ”La testa del serpente – fece dire agli emissari americani – va schiacciata”.