Yemen. Verso collasso economico per la crisi politica, Saleh in Arabia Saudita

Manifestazione antigovernativa a Sanaa

SANAA, YEMEN – Mentre la crisi politica yemenita peggiora ogni giorno che passa, il Paese è sull’orlo di un collasso economico che richiederà anni per essere risanato e per unificare gli sforzi intesi a ricostruire la sua società profondamente divisa.

La situazione è ancora più confusa dopo che il presidente Abdullah Saleh, ferito nel corso di un attacco dei ribelli contro il suo palazzo a Sanaa, e’ giunto sabato notte in Arabia Saudita per essere sottoposto a cure mediche.

Dopo quattro mesi di proteste di massa contro Saleh, nello Yemen, il più povero dei Paesi arabi dove la gente si è abituata alla semplice sussistenza, le forniture di petrolio e l’erogazione di elettricità sono state tagliate dalle tribù ostili a Saleh.

Le file per ottenere gas attraversano per miglia la capitale Sanaa, suscitando risse e nuove proteste; l’elettricità è erogata solo per poche ore al giorno. Il gas per cucinare e il diesel per i generatori sono anch’essi diventatai scarsi, ed a causa del rapido aumento dei prezzi, la gente ha cominciato ad accumulare i beni essenziali, inclusa l’acqua.

Col diminuire delle riserve di valuta estera, l’eleborato sistema di clientelismo politico e tangenti che consentiva allo Yemen un minimo di stabilità si sta sfarinando, con ex-fedeli a Saleh che lo abbandonano e dispute che scoppiano per il possesso di somme di denaro sempre più esigue. Il presidente assediato, che non ne vuol sapere di andarsene ma che però deve soddisfare i suoi sostenitori, nelle scorse settimane a chiesto in prestito milioni di dollari dai principali uomini d’affari.

La principale delle numerose disgrazie che affliggono lo Yemen è la penuria d’acqua. Da quando la crisi politica è esplosa a gennaio, in certe aree il prezzo dell’acqua è aumentato di cinque volte, di dieci volte in altre. Le trivelle che pompano acqua dalle sempre più scarse riserve sotterranee si fermano una dopo l’altra perchè il diesel di cui hanno bisogno per funzionare è diventato troppo scarso e costoso. Specialmente arida è la zona attorno a Sanaa, che secondo gli esperti della World Bank potrebbe diventare la prima capitale al mondo priva di acqua.

”Più grave del caos politico è quello economico”, ha dichiarato al New York Times un diplomatico occidentale che ha voluto mantenere l’anonimato, il quale ha aggiunto che seppure la situazione politica si stabilizzasse, le speranze dell’opposizione di aumentare gli investimenti stranieri ed eliminare la rete di corruzione yemenita ”non avverranno nè in un mese, nè in sei mesi e neppure in un anno”.

Il ministro yemenita dell’Industria e Commercio, Hisham Sharaf, ha stimato la settimana scorsa che la crisi provocata dalla rivolta popolare contro Saleh, al potere da 30 anni, è costata all’economia nazionale 5 miliardi di dollari, ovvero il 17 per cento del prodotto nazionale lordo del 2009. Un altro ministro, Amir al-Aydarous, ha avvertito fin dal mese scorso che ”lo Yemen è sull’orlo di una catastrofe economica”.

Gli stranieri e i ricchi hanno trasferito i loro dollari offshore, costringendo la Banca Centrale ad operare con riserve di valuta pregiata costantemente in diminuzione. Questo significa che la valuta yemenita, il riyal, continua a perdere valore. Sul mercato nero il prezzo di un dollaro è salito a 250 ryal rispetto ai 217 di poche settimane fa.

Secondo gli economisti, se ci vorranno 300 ryal per un dollaro, un altro 15 per cento dei 23 milioni di yemeniti scenderà sotto la linea della povertà, sussistendo con meno di due dollari al giorno. Secondo le stime correnti – sebbene nello Yemen statistiche attendibili sono difficili da ottenere – già tra il 40 e il 50 per cento di yemeniti si trovano sotto quella linea.

Per i poveri, la vita diventa sempre più difficile. Marwan Ghazali, un tassista di 36 anni, ha raccontato che ha passato tre giorni cercando di fare il pieno ma che la benzina era finita una volta arrivato alla fine della fila davanti al distributore. ”L’unico posto dove comprare benzina è il mercato nero – dice – ma io non la compro perchè so che a volte ci aggiungono acqua”.

Una donna yemenita che lavora per un’agenzia di aiuti internazionale ha dichiarato che la sua principale preoccupazione è la penuria di acqua. ”Senza acqua, in casa tutto sembra fermo”, dice. ”Non si possono lavare i vestiti o i piatti dove si mangia o le pentole dove si prepara il cibo, ed io sono preoccupata per il mio igiene personale e la mia dignità. Perfino usare il bagno è diventato un problema. Mi sento come una rifugiata a casa mia”.

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