Nemmeno il 2 giugno riusciremo a trascorrere in pace i 77 anni della nostra repubblica. Un nuovo 25 aprile in cui l’Italia si divise tra destra e sinistra? Speriamo di no, ma purtroppo i sintomi ci sono tutti. Perchè Elly Schlein ha voluto organizzare proprio quel giorno una grande manifestazione contro il premierato e l’utonomia e cioè “contro la disintegrazione dell’Italia e dell’Europa”. Parole forti in sintonia con le sue idee.
Niente di grave, però doveva urlarle proprio nel giorno della festa di tutti noi italiani? Una provocazione, un proclama di campagna elettorale, sostiene la maggioranza. C’è comunque chi sta con la Schlein, anzi plaude all’iniziativa. Angelo Bonelli, ad esempio che, alzando il tono di voce, dice: “Noi ci saremo in piazza”.
Eccola dunque la nuova occasione di scontro di cui non se ne sentiva il bisogno dopo quel che era accaduto durante un’altra festa nazionale, l’anniversario della liberazione. Possibile che non ci si renda conto che queste iniziative non giovano al futuro del nostro Paese? Possibile che questo giorno di protesta non possa avere un’altra data, magari più tardi di sole ventiquattro ore? Non si vuole qui prendersela con la segretaria del Pd. Ci mancherebbe! Siamo in democrazia, grazie a Dio, ed ognuno di noi è libero di divulgare e difendere le proprie opinioni. Quello che lascia perplessi è che pure questa volta il popolo (che probabilmente andrà alla sfilata di via dei Fori Imperiali) dovrà sopportare grida di malcontento.
Il 2 giugno del 1946 è una data che non si può dimenticare. Uscita con le ossa rotte da una guerra che moltissimi nemmeno volevano, l’Italia doveva scegliere con un referendum se continuare ad essere una monarchia oppure una repubblica. Quel giorno, fatto importantissimo, le donne per la prima volta potevano andare a votare, ma questo forse le femministe più arrabbiate lo hanno dimenticato. Si pensa più che altro allo scontro sulla legge 194, quella che si occupa dell’aborto. Si impedisce di parlare al ministro Eugenia Roccella: una minoranza di scalmanati non le lasciano aprire bocca, il capo dello Stato si indigna e stigmatizza a fondo l’episiodio.
Già, Sergio Mattarella: il 2 giugno insieme con la bandiera tricolore potrebbe vedere quella rosso-verde che i manifestanti della Schlein porteranno con loro a dimostrazione che saranno in tanti quelli che applaudiranno il segretario del Pd. Ci sarà anche Marco Tarquinio in quel corteo? Certamente no, perché l’ex direttore di Avvenire quotidiano di ispirazione cattolica, ha cominciato a litigare ventiquattro dopo essere entrato nel gruppo con molti dem perché ha detto chiaramente che “l’aborto non è un diritto”.
Laura Boldrini è la prima a insorgere, è sempre in cerca di strappare un titolo sui giornali dopo aver perso la poltrona di presidente della Camera. Le femministe più accanite sono con lei. Ci si chiede: quale sarà il numero dei manifestanti che seguiranno la Schlein?
Come si è detto: nell’occhio del ciclone della sinistra entra di prepotenza il premierato, la madre di tutte le riforme, secondo Giorgia Meloni. Tutti hanno il diritto di non essere d’accordo, di pensarla diversamente dalla premier perché considerano questa iniziativa inaccettabile e oltremodo antidemocratica.
Tutto giusto e sacrosanto, ma perché scegliere il 2 giugno e andare contro il presidente della Repubblica, il padrino di quella festa?
Spesso la sinistra chiede a gran voce il suo intervento, ritiene che lui e soltanto lui sia il garante della democrazia. Poi, però, nel giorno in cui Mattarella ritiene a ragione che questa è la festa di tutte le feste, gli si organizza una manifestazione che, in ogni caso, disturberà il Quirinale. Cui prodest?
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