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Abruzzo, momento della verità per il campo largo, tanto largo da includere Renzi e Calenda

Il voto del 10 marzo in Abruzzo diventa davvero  un banco di prova per il governo? A Palazzo Chigi scuotono il capo. “Se la destra guida il Paese è perché lo hanno voluto gli italiani”, sostengono con forza. Sì, questo è vero, ma se dopo la Sardegna dovesse arrivare un altro ceffone, beh allora la maggioranza dovrebbe interrogarsi su quel che sta succedendo.

E’ finita la luna di miele per Giorgia Meloni? La triade non è più unita come un tempo e continua a litigare facendo innervosire anche coloro i quali le hanno dato la preferenza alle politiche? Sono interrogativi che scuotono chi è al governo anche se a parole l’ottimismo è di casa e non trapela il minimo dubbio sul futuro dell’Italia.

L’Abruzzo, è noto, è una roccaforte del partito della Meloni. Il presidente Marco Marsilio non lo ha mai nascosto come non ha mai nascosto il feeling che lo lega alla premier. Una lunga amicizia che ha una data antica quando ancora la Meloni era distante anni luce dalla presidenza del Consiglio. Il governatore si dice convinto che tutto filerà liscio e la sinistra dovrà arrendersi all’evidenza.

Però, non si può far finta di niente se il suo avversario, il professor Luciano D’Amico, ex rettore dell’università di Teramo, è riuscito in una impresa su cui nessuno avrebbe scommesso un solo euro.  Alle elezioni del 10 marzo, il campo largo sarà larghissimo cosicché il docente di economia potrà contare non soltanto sull’appoggio del Pd e dei 5Stelle (repetita iuvant), ma anche sul sostegno – udite, udite – del duo Matteo Renzi, Carlo Calenda che non solo separati in casa, ma ormai divorziati.

Inoltre, attenzione: il numero uno di Azione voterà insieme ai grillini di cui fino a pochi giorni fa diceva peste e corna. “Ecco la politica della minoranza”, sostengono i fedelissimi del presidente uscente. Comunque, sferzate a parte, qualche preoccupazione (sia pure velata) il destra-centro non può tacerla. E’ obbligatorio non aprire bocca, ma il silenzio – come le parole- un significato ben preciso lo ha. 

Se questa “ammucchiata” (il termine ha un padrino facile ad essere individuato) è stata possibile, il merito è tutto di Elly Schlein  che fin dall’inizio del suo mandato non ha fatto che inseguire questo sogno, l’unico che potrebbe avere la possibilità di battere la maggioranza. Forse l’“embrassons nous” avrà la durata di un mattino perché alle europee fra grillini e pd ricomincerà il braccio di ferro per l’egemonia della sinistra. Però, è un fatto indubitabile che la segretaria di via del Nazareno sia riuscita a convincere Giuseppe Conte che, obtorto collo, ha risposto “si”.

Che questo campo larghissimo si stia impegnando allo spasimo per bissare la vittoria  lo dimostra il fatto che Alessandra Todde, l’outsider della Sardegna sia stata chiamata da Roma per andare in tour in Abruzzo. Perché mai? Semplice: la corrispondenza d’amorosi sensi che è riuscita a trasmettere al suo popolo potrebbe essere di aiuto anche nel voto del 10 marzo.

Anche se nessuno, nell’entourage di Marco Marsilio, si preoccupa ufficialmente di quanto sta preparando la sinistra, è fuor di dubbio che qualche preoccupazione non la si può coprire. Certo, se dovesse ripetersi il miracolo sardo, la Meloni sarebbe messa alle strette e finire in un calderone di critiche che i suoi avversari hanno da tempo hanno chiuso nel cassetto.

Non sarebbe solo questo il problema: da chiarire sarebbero  pure i rapporti interni alla triade, visto che qualcuno azzarda l’ipotesi che in Sardegna Paolo Truzzu abbia perso perché tradito da qualche voto dei leghisti. Siamo ai soliti rumors: potrebbero essere fake news per indebolire Marco Marsilio e la sua madrina. Sta di fatto che gli occhi di Roma sono tutti orientati in Abruzzo: c’è chi spera in un nuovo tonfo e chi, invece, si dice certo di vincere. La risposta l’avremo l’undici di marzo, sperando che lo spoglio sia più veloce di quello di Cagliari e dintorni.

 

Bruno Tucci

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