Partiti in fibrillazione. Nuovi scenari politici avanzano. Le mosse sotto Natale coinvolgono tutti, seppur con sfumature diverse. A destra le acque sono agitate sotto i colpi di una opposizione che non fa sconti. Le ultime bordate riguardano la premier Meloni nel mirino M5S (“Cancelli l’avviso di arresto, una vergogna per i cittadini onesti”) e il ministro Nordio accusato da Conte di aver fatto scappare dall’Italia un presunto narcos, tuttora latitante. Senza dimenticare le turbolenze del caso Salvini, le angosce di Tajani per l’Ucraina da quando si è messo in testa di fare ponte con Washington perché “senza gli Stati Uniti l’intesa è lontana”. E tra i “patrioti” i mugugni non sono mancati (“Antonio, non ti allargare”). C’è poi la vicenda del sottosegretario Andrea Dalmastro rinviato a giudizio dal Gup di Roma per rivelazioni di segreto d’ufficio (caso Cospito). Infine due mine vaganti: Vittorio Sgarbi (guai col Fisco) e Daniela Santanchè (caso Visibilia).
Sgarbi tra Tony Effe e Beppe Grillo
Ad agitare ancor più le acque in questo weekend pre natalizio c’è la voce (non smentita dall’interessato) della disponibilità del critico d’arte ad entrare nel nuovo movimento di Beppe Grillo (disarcionato da Conte), sempre che l’Elevato ne faccia uno. Sgarbi ha parlato pubblicamente di una sua possibile adesione. Per ora si limita a difendere Tony Effe, il rapper romano invitato (e poi respinto) al Concerto di Capodanno nella capitale. Vien da chiedersi come abbia fatto un politico navigato come Roberto Gualtieri ad incartarsi su una vicenda così banale. Mistero buffo. Il sindaco di Roma ha combinato un bel pasticcio e Sgarbi, 72 anni, ne ha subito approfittato per calarsi nella turbolenza della vicenda: “C’è una sorta di bullismo in quelli che, in nome di una idea equivoca nel politicamente corretto, invocano e praticano la censura con toni e modi settari. Tony Effe e’ un artista e la sua libertà espressiva va difesa. La cancellazione del suo concerto è una forma inaccettabile di prevaricazione. Non si difende una idea impedendo agli altri di esprimersi”. Amen.
La nostalgia per l’Ulivo
E questo eventuale nuovo scenario politico è il più intrigante. Se ne parla da giovedì quando, nel Refettorio di Palazzo San Macuto (sede della Commissione Antimafia del Parlamento), si sono ritrovati Romano Prodi, padre dell’Ulivo, Veltroni e Letta. Subito le voci si sono diffuse con le più fantasiose interpretazioni. Il trio, è vero, considera “il campo largo ostaggio della ambiguità 5 Stelle”. Inevitabile che il pensiero sia corso all’Ulivo, l’alleanza elettorale del Centrosinistra italiano imperante dal 1995 al 2007, poi confluito nel PD. Ha avuto tre leader: Romano Prodi, Massimo D’Alema e Francesco Rutelli. Quel gruppo ha rappresentato il raggruppamento di forze riformiste. Si sono succeduti cinque governi prima di lasciare il passo al governo Dini. Sulla radice dell’Ulivo e’ nato il 14 ottobre 2007 il Partito Democratico che ha deciso di conservare nel proprio simbolo il ramoscello d’ulivo. Questa mossa del trio non poteva non passare inosservata ma da qui a costruire un nuovo scenario politico ce ne corre. O no?