Si torna a Tirana o, se volete, a Durazzo. Insomma, in Albania. La nostra nave militare Libra è nel Mediterraneo, ad una ventina di miglia da Lampedusa, per raccogliere e portare nei centri di Gjader e Shengijn quei migranti che fuggono dai Paesi sicuri, 19 in tutto secondo il governo italiano. In parole semplici ricomincia la “guerra” tra l’ esecutivo e i magistrati di casa nostra che hanno già detto no per due volte all’operazione voluta a tutti i costi da Palazzo Chigi e dintorni.
Nessuna marcia indietro, dunque: il braccio di ferro prosegue e continua a dividere non solo maggioranza e opposizione (fenomeno naturale), ma anche i due poteri dello Stato (cosa molto più grave). La minoranza è certa che Giorgia Meloni andrà a sbattere di nuovo, perché contro la legge non c’è niente da fare. “Loro si incaponiscono”, spiega Nicola Fratojanni, “e danno la colpa solo a chi fa il proprio dovere”. La replica è immediata. Il primo a intervenire è Antonio Tajani: “I magistrati non possono cambiare le leggi che vara il Parlamento”.
Matteo Salvini va molto più in là, come è suo costume: “Se a lor signori piacciono tanto i migranti irregolari li ospitino a casa loro“, sentenzia. Come andrà a finire è difficile prevederlo. L’opposizione è certa che il governo prenderà un’altra clamorosa sberla. Da destra, con tono ironico, replicano: “Anche in Liguria erano certi di vincere e sono stati smentiti dai numeri”.
Tutto avviene a poca distanza dalle elezioni in Umbria ed Emilia -Romagna, ma mentre la diaspora politica è concepibile (entro certi limiti), quella fra due poteri dello Stato è davvero incomprensibile. La destra accusa: i magistrati non possono interferire in questi casi. Accade addirittura che “i sinistri” si fidino troppo del loro aiuto e poi perdano come avviene ormai da tanto tempo. Sconfitte una dietro l’altra, ma il soccorso da determinate correnti della magistratura non finisce mai.
Comunque, i centri albanesi sono pronti a raccogliere i nuovi ospiti: non dovrebbero essere tanti, ma sicuramente più della volta scorsa quando ne furono imbarcati sedici tornati a ritroso nello spazio di una giornata o poco più. La destra, invece, è sicura di farcela perché l’esperimento italiano è condiviso da molti paesi europei e dalla stessa presidente Ursula Von der Leyen. Così si va avanti a colpi di scimitarra: nemmeno un attimo di pausa tra i contendenti che non sono avversari, ma nemici.
La correttezza politica va a farsi benedire in un momento in cui le altre due elezioni regionali vengono prese come determinanti. Se Elly Schlein dovesse ancora perdere, forse il suo regno si potrebbe considerare finito. Se al contrario dovesse vincere prenderebbe una boccata d’ossigeno in grado di farla respirare. Si spiega anche così quel che succede ancora nel mare nostrum. Ogni occasione è buona per far pendere la bilancia da una parte o dall’altra.
La Schlein continua a pregare di arrivare ad una unità di intenti, la sola che potrebbe battere la destra. Con quello che una volta, con ottimismo, di chiamava campo largo? Ora non c’è più. Le cifre e le percentuali sono risicate e per il momento il governo non corre pericoli. In soccorso di Giorgia (anzi in suo sostegno) ci sono i numeri ed i sondaggi che sono tutti in suo favore. Generalmente, dopo due anni di “potere” l’esecutivo tende a retrocedere. Così è avvenuto quasi sempre.
Stavolta, dopo ventiquattro mesi di permanenza a Palazzo Chigi, la gente non punta il dito contro il governo dimostrando che la luna di miele con la Meloni è tutt’altro che finita. Soprattutto perché l’opposizione si divide a giorni alterni. L’idillio fra Conte e la Schlein è tramontato, l’avvocato del popolo pensa solo alla costituente del suo Movimento e dopo aver messo all’angolo Beppe Grillo, cerca a breve termine di essere il capo indiscusso dei 5Stelle.
Da presidente assegnerebbe lui le cariche e si dice che metterà in primo piano una donna (furbescamente come è suo solito). Insomma, nonostante tutto, il ritornello è sempre lo stesso ed i commentatori più feroci sostengono che “i veri amici della Meloni sono proprio tanti esponenti della sinistra o del centro sinistra”. La morale è questa: o si cambia musica in Italia o non ci sono prospettive per il futuro.
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