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Alluvione, Schlein dov’eri? e le deleghe all’ambiente in Emilia-Romagna? e in Toscana la giunta è rossa

Alluvione, nemmeno una tragedia come quella che si è abbattuta sulla Toscana riesce a placare la guerra che c’è fra le forze politiche.

Vedere dall’alto la terra devastata dalla pioggia torrenziale è come essere colpito da un infarto.

Paesi diventati acquitrini, montagne di mobili accatastati sulle strade, biblioteche senza più nemmeno un libro. Un disastro che ricorda l’alluvione di Firenze del novembre del 1966. L’Italia piange, nascono sottoscrizioni in aiuto di quella popolazione. 

Ma mentre il Paese è vicino alla gente toscana, i politici non la smettono di litigare nemmeno in un momento così delicato. Senza distinzioni di sorta: destra contro sinistra niente sconti. Eddy Schlein ce l’ha con la maggioranza e con quei governatori che “prendono ordini dalla Meloni”. Da Palazzo Chigi e dintorni si risponde a tono.

Dov’era negli anni scorsi la segretaria del Pd? Non era forse la vice del governatore Stefano Bonaccini con le deleghe per l’ambiente? Perchè non sono state fatte quelle opere che avrebbero potuto salvare, sia pure in parte, le industrie e le proprietà oltre che a mettere in ginocchio centinaia di famiglie?

Le accuse non sono soltanto fra maggioranza e opposizione. Anche fra gli esponenti di uno stesso partito nascono battibecchi che si potrebbero definire banali dinanzi al disastro subìto dalla Toscana.

Invece, ecco qui, il sindaco di Prato, un pieddino convinto, se la prende con il presidente della regione, Eugenio Giani, pure lui dei dem, perché l’allerta è stata data non solo in ritardo, ma anche senza avvertire i sindaci del pericolo che stava per abbattersi su quella terra.

Arancione o no quell’avviso? E perché si è atteso tanto tempo? “Per il semplice motivo”- risponde Giani – che non spetta a me questo compito” 

I danni sono ingenti: da un primo sommario riscontro ammonterebbero a circa mezzo miliardo di euro. Il problema è stato affrontato dall’esecutivo che ha stanziato immediatamente la somma. Dovrebbe essere questa una decisione recepita favorevolmente dalla maggioranza e dall’opposizione.

Per una volta di comune accordo senza polemiche o strumentalizzazioni per dimostrare che la propria bandiera è stata migliore dell’altra. Non è così purtroppo e dinanzi a tanto scempio la “guerra” è fra chi è stato bravo e chi non ha colpe.

E’ un ritornello che gli italiani conoscono bene. Una qualsiasi iniziativa è buona per dimostrare che gli avversari hanno torto. In tal modo il Paese rimane spesso al palo  e non riesce ad uscire dal guado di un bilancio negativo che cresce ogni anno invece di diminuire.

Vogliamo un esempio emblematico? Eccolo: il premierato voluto a tutti i costi da Giorgia Meloni che ritiene questa“la madre di tutte le riforme”. Secondo il disegno presentato ai suoi ministri, il presidente del consiglio dovrebbe essere eletto direttamente dal popolo.

Giusto, sbagliato? Gli uni dicono si, gli altri no. Trovandoci al cospetto di una riforma della Costituzione, si dovrebbe aprire un tavolo (senza alcun preconcetto) per vedere di trovare una soluzione comune. Pensate che tutto questo sia possibile?

Niente affatto. Appena conosciuta la riforma degli articoli approvati all’unanimità dall’esecutivo si è scatenata la bagarre. “E’una sconcezza”, grida la Schein. Gli fa eco Giuseppe Conte:“La premier dovrebbe fare subito marcia indietro per non correre i pericoli del referendum contro cui andrà a sbattere e presentare le dimissioni”

Non sarebbe forse il caso di discuterne senza acrimonia sottolineando i difetti (perché no i pregi) del progetto? Forse, alla fine, si potrebbe trovare un compromesso che sia utile al progresso del Paese. Un progresso di cui l’Italia ha estremo bisogno.

Bruno Tucci

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