
L'arcivescovo di Torino Roberto Repole: "Quei migranti in manette sono una ferita per l'umanità" (foto Ansa-Blitzquotidiano)
“Quando vedi migranti condotti via con le manette, hai la sensazione di un pezzo di umanità che viene ferita profondamente. Credo che ci sarà un giudizio di coloro che verranno dopo di noi. E per i credenti c’è anche un giudizio del Signore”. È il monito del cardinale Roberto Repole, arcivescovo di Torino e vescovo di Susa, intervistato dalla Stampa.
“Essere poveri non coincide con l’essere delinquenti”
“Può essere facile, nei momenti di tensione e conflitto, perdere il senso dell’umano – sottolinea – Se si arriva a pensare che il fatto di essere poveri e miserabili coincide con l’essere delinquenti, si corrono rischi. A questo non dobbiamo rassegnarci. Il fatto che esistano fenomeni di illegalità e che li si debba combattere quando si manifestano, non consente in nessun modo di generalizzare né autorizza l’umiliazione di una categoria intera di persone. Questo è inumano. E non tiene conto, tra l’altro, del fatto che l’Italia ha bisogno di lavoratori stranieri. Il vero tema è gestire una buona accoglienza”.

Il monito del cardinale, una riflessione elevata che non può essere ridotta a sterile predica, punta alto ai valori dello spirito e contro le derive mondane di tolleranza e acquiescenza rispetto alla de-umanizzazione e criminalizzazione di chi è costretto ai margini dalla storia.
Salvini rivendica le manette
Monito rivolto a tutti, ma è facile individuare chi se ne senta bersaglio perché di quelle manette non esita a farsene vanto. Un esempio, il segretario della Lega Matteo Salvini impegnato nel discorso d’apertura della decima edizione della scuola politica del partito di cui è segretario: “Sui giornali oggi titoli sui 40 immigrati condannati, in attesa di espulsione e trasferiti in Albania con le manette. E come dovevano trasferirli? Con le mimose? Con la colomba pasquale, con l’uovo pasquale dovevano essere trasferiti? Pensa che gente strana siamo. Noi siamo sempre dalla parte delle forze dell’ordine senza se e senza ma”.